NOTA
: alcuni link rimandano a descrizioni non indispensabili alla comprensione delle motivazioni della mia opinione finale.
La fede, per me, è intesa come il credere in concetti (idee astratte) e dogmi (opinioni non certe), in base alla convinzione personale o alla presunta autorità di chi ha tramandato tali idee e affermazioni, senza alcuna prova concreta a favore né contro. Quando non viene imposta, la fede è personale, viene data, è un dono. Non va e viene a richiesta, è un atto di volontà, non della ragione. La mancanza di fede, al contrario, è la non accettazione, da parte della ragione, di concetti e dogmi che invitano a credere nell'esistenza di un soggetto dotato di proprietà superiori, trascendenti e soprannaturali. Tra queste posizioni, ambedue basate su personali certezze, esiste anche un terzo atteggiamento. L’agnostico è colui che sospende il proprio giudizio rispetto ad un problema perché non ritiene di avere sufficienti conoscenze per riuscire ad avere ed esprimere una opinione basata su certezze assolute. Le soluzioni possibili sono quindi tre: si, no oppure non lo so.
Avendo in dotazione un cervello funzionante, abbiamo il dovere di usarlo senza preconcetti né pregiudizi. Allo stesso tempo penso sia una buona regola evitare sempre affermazioni o negazioni categoriche le quali, non avendo la possibilità di alcun tipo di dimostrazione o prova che dir si voglia, potrebbero essere errate. Diciamo che, statisticamente, sia l’affermazione che la negazione senza prove, hanno ciascuna il 50% di probabilità di essere vere. Non è poco, come non lo è il 50% di possibilità di non esserlo. L’incertezza ed il dubbio evidenziate dalla frase “non lo so”, possono essere accettate per una infinità di argomenti e situazioni ma, almeno per quanto mi riguarda, non in questo caso, perché considero troppo importante decidere da quale parte stare.
Verso i quaranta anni di vita mi posi seriamente il problema, ma mi resi conto di non avere informazioni sufficienti neppure per iniziare a ragionarci sopra. Cominciai quindi a documentarmi leggendo Testi Sacri e, ben presto, mi accorsi che stavo seguendo la strada sbagliata. Non si possono ottenere informazioni oggettive su una qualsiasi cosa leggendo quanto scritto dai sostenitori di quella stessa cosa. Per la stessa ragione, cioè per evitare di essere influenzato, non avrei potuto documentarmi neppure su testi scritti dai contrari. Preso atto che l’enigma riguardava l’Universo e tutto quanto esso contiene fino alla struttura della più piccola particella, avevo una sola possibilità per ottenere quelle informazioni scientifiche e cioè dimostrabili che, date in pasto alla mente, potevano rivelarsi utili a ragionare nel modo più oggettivo possibile. Ho pertanto ritenuto indispensabile documentarmi su argomenti per me non semplicissimi, come la fisica e l’astrofisica, per cercare la mia strada la quale, anche se non ne ero certo, mi avrebbe consentito di schierarmi con la massima convinzione possibile, nel cercare di dare una risposta alla millenaria domanda sull’Universo: evoluzione casuale o creazione intelligente? (Vedi anche la pagina dal titolo "Ai confini della realtà)
Cominciamo immaginando un liquido profumato contenuto in una boccetta colma come un insieme di molecole. Fino a quando la boccetta è tappata, ossia isolata dal resto dell'universo, le molecole saranno costrette a rimanere all'interno e non avendo spazio (la boccetta è colma) rimarranno abbastanza ordinate in uno stato liquido. Nel momento in cui la boccetta viene stappata le molecole della superficie del liquido inizieranno a staccarsi dalle altre ed urtando casualmente tra di loro e contro le pareti della boccetta, usciranno da questa disperdendosi all'esterno. Dopo un certo tempo tutte le molecole saranno “evaporate”, disperse e quindi non più recuperabili. È esperienza comune che, mentre questo processo avviene spontaneamente, il processo inverso è impossibile. Con il termine “entropia” viene scientificamente misurata la naturale variazione che avviene in qualsiasi sistema venga preso in considerazione e noi sappiamo per certo che le trasformazioni avvengono invariabilmente in una direzione sola, ovvero quella verso il maggior disordine. Senza alcuna necessità di qualcuno che “apra la boccetta”, sappiamo per certo che l’entropia è un valore universale misurabile, presente ovunque, che aumenta sempre. Estendendo questo concetto a qualsiasi forma di materia e di energia ecco che sono dimostrate scientificamente tre affermazioni che, a prima vista, possono apparire banali.
La prima è che tutte le cose decadono vale a dire invecchiano. La seconda è che esiste una freccia del tempo e cioè che qualsiasi evoluzione va sempre dal passato verso il futuro. La terza risiede nel fatto che, se tutto invecchia e procede verso una fine, c’è stato un momento in cui tutto era nuovo! In altre parole c’è stato un momento in cui l’entropia era minima e cioè il momento della nascita. In pratica, per la prima volta nella storia dell’uomo venne dimostrato, senza possibilità di alcun tipo di errore, che l’Universo non era eterno, non era sempre esistito, ma che aveva avuto una nascita e quindi, prima o poi, sarebbe morto. Una affermazione ben conosciuta nel mondo scientifico come la seconda legge della termodinamica enunciata da un certo Clausius nel lontano 1861.
Continuiamo. Nel 1920 un astronomo di nome Edwin Hubble ha scoperto la presenza di altre galassie simili alla nostra Via Lattea e, dopo aver effettuato varie misurazioni, ha capito e dimostrato che si stavano tutte allontanando da noi oltre al fatto che tutte si allontanavano da tutte le altre. Era la prova definitiva che l’Universo si trovava in una fase di espansione e, di conseguenza, era anche la testimonianza inconfutabile che se la materia dell’Universo si sta espandendo, è perché nel passato è stata unita in un unico punto.
Adesso, prima di parlare della nascita dell’Universo, l’inizio, il punto Alfa come lo chiamano gli scienziati, oppure la Genesi descritta nella Bibbia, dobbiamo capire, anche se in modo superficiale, il concetto di spazio-tempo. Qualsiasi tipo di materia esiste solo in presenza di quattro dimensioni. Lunghezza, larghezza, altezza e lo spazio-tempo nel quale è inserita. Facciamo un esempio. Prendiamo in mano un cellulare cioè un piccolo oggetto di forma parallelepipeda lungo circa 9 centimetri, largo si è no 4 e con uno spessore di 2 centimetri. Queste sono le più conosciute caratteristiche tridimensionali della materia. Lunghezza, larghezza e altezza. Adesso rispondiamo alla domanda “dov’è il cellulare?”. La risposta non potrà che essere “nella mano”. Adesso mettiamolo su un tavolo e rispondiamo nuovamente alla stessa domanda “dov’è il cellulare?”. La risposta non potrà che essere: “è sopra il tavolo”. Potremmo continuare a spostarlo e, ogni volta, indicheremo il luogo preciso dove poterlo vedere. La domanda da fare adesso è: se questo cellulare non fosse da nessuna parte, potrebbe ancora esistere? Si potrebbe vedere, toccare o prendere? No di certo! Quindi l’esistenza stessa della materia dipende sia dal “dove” si trova che dal “quando” viene osservata. Nessuno avrebbe potuto vedere il cellulare nella mano (il dove) dopo che era stato messo sul tavolo (il quando). Si può quindi affermare con certezza assoluta che la materia ha quattro dimensioni e che l’assenza di una sola di esse renderebbe l’esistenza della stessa materia assolutamente impossibile.
Intorno all’anno 1960, gli scienziati compresero anche che il dove ed il quando, cioè lo spazio ed il tempo, erano talmente interconnessi da non poter essere considerate due cose, due misurazioni diverse. Dove c’è l’uno non può non esserci anche l’altro e dove anche solo uno dei due manchi è forzatamente assente anche l’altro. Questo è il motivo per il quale, invece di coniare un nuovo termine, fu deciso di chiamare questa quarta dimensione con il termine composto di spazio-tempo. In sintesi, senza la presenza dello spazio-tempo esiste solo il nulla e con il termine nulla non s’intende il vuoto assoluto perché anche lui, per esistere, ha bisogno dello spazio-tempo. “Nulla” è un concetto difficile da capire perché è un’astrazione che la nostra mente non può visualizzare, e noi umani capiamo meglio quello che riusciamo a concepire con la fantasia.
Relativamente alla nascita dell’Universo, nel 1927, un sacerdote Belga di nome Georges Lemaitre ha proposto una nuova idea: il Big Bang. Ormai è stato scientificamente dimostrato, che la nascita dell’Universo è avvenuta, anno più anno meno, 14 miliardi di anni fa con una primordiale esplosione di dimensioni umanamente inimmaginabili. 14 miliardi di anni fa un “qualcosa” è esploso, ma forse è più realistico visualizzare una espansione, con un fragore ed una potenza per noi assolutamente inconcepibili. Immaginiamo una sfera posta a mezz’aria in un ambiente senza gravità che viene sottoposta ad una dirompente esplosione dal suo centro interno. Cosa succede? Un’infinità di pezzi più o meno grandi viene proiettata a velocità pazzesca in tutte le direzioni possibili e questi pezzi si allontaneranno sia dal centro dell’esplosione che, ognuno di essi, da tutti quelli a lui vicini perché ciascuno di loro seguirà una retta divergente, esattamente come un bambino disegnerebbe i raggi del Sole. Tutti le linee convergono al centro ma, via via che si allontanano dal sole, si separano sempre più anche da quelle adiacenti. Senza scendere in altri particolari che richiederebbero difficili spiegazioni, accettiamo anche la seguente realtà dei fatti: in quel preciso istante è stata generata tutta l’energia e tutta la materia oggi esistente, contemporaneamente a tutte le leggi della matematica e della fisica! Nel loro velocissimo cammino verso l’esterno, i pezzi di materia, causa la gravità da loro stessi generata, si sono accorpati in strutture sempre più grandi per cui, saltando ancora un bel po’ di spiegazioni decisamente complicate, dopo tutti questi miliardi di anni, il risultato, ancora in movimento e sotto gli occhi di tutti noi, è quello che conosciamo e che chiamiamo Universo. La prima domanda alla quale adesso si può dare una risposta certa, è: cosa c’era prima del Big Bang?
Bè, se il Big Bang ha creato la materia quadridimensionale significa che ha generato per la prima volta anche lo spazio-tempo e quindi qualsiasi domanda che contempli la variabile tempo riferita a periodi antecedenti la presenza del tempo stesso, non ha ragione di esistere. In altre parole il concetto di “prima” o “dopo”, senza l’esistenza del tempo, non può nemmeno essere preso in considerazione. L’unica risposta possibile alla domanda “cosa c’era prima del Big Bang” è: il nulla. Per rafforzare il concetto, sarebbe come se qualcuno si domandasse cosa c’è, sulla Terra, a Nord del Polo Nord!
Dopo la scoperta di un Universo in espansione ad opera di Edwin Hubble all’inizio del XX secolo, la nozione di un inizio e, di conseguenza, di una fine fu all'improvviso soggetta all'investigazione scientifica e, specialmente per il termine “inizio”, alla gioia dei massimi esponenti religiosi del tempo che vedevano in questo “start” la sintesi della creazione. In pratica asserivano che se l’Universo ha avuto un inizio, significa che qualcuno l’ha creato e quindi il fatto dimostra l’esistenza di Dio. Una supposizione logica. La risposta è che questa è soltanto una possibilità. Purtroppo non è una prova, casomai è un indizio, un forte indizio.
Creare è un processo che non avviene mai per caso. Inoltre non è sufficiente la sola intelligenza, ci vuole intenzionalità. Ora facciamo un esempio. Mettiamo che mentre passeggiamo tranquillamente lungo un viale notiamo una piccola pietra sul nostro cammino. Ammesso che attragga la nostra attenzione, cosa pensiamo? E’ una cosa naturale, chissà com’è finita lì e, con questo, abbandoniamo l’argomento “pietra”. Adesso immaginiamo che al posto della pietra ci fosse stato un cellulare. Avremmo avuto lo stesso comportamento? Anche supponendo, per un attimo, di non aver mai visto un oggetto simile, dopo aver analizzato il complicato meccanismo, avremmo sicuramente pensato che si tratta di un qualcosa fabbricato da un essere intelligente con un obiettivo preciso. Quindi, per quale motivo abbiamo declassato la pietra? La risposta è ovvia: perché essendo membri appartenenti alla razza intelligente che ha concepito il cellulare possiamo arrivare a conoscere l’intenzione legata alla creazione di quell’oggetto. Non appartenendo alla razza o alla specie che ha concepito la pietra non possiamo avere la certezza oggettiva sulla intenzionalità di quella creazione. Possiamo solo presumerla.
Pensiamo alla complessità dell’Universo. Pensiamo al funzionamento di un semplice atomo. Pensiamo all’organizzazione interna di una Galassia. Tutto questo non è infinitamente più complesso e intelligente dei meccanismi interni ad un banale cellulare? Se uno strumento così semplice e conosciuto ha dietro di se una intenzione creativa, che cosa dire dell’Universo? Come si fa, di fronte alla sua grandiosità e alla sua complessità, a non riconoscere che sia stato qualcuno o qualcosa di intelligente a concepirlo? Ma allora, ci potremmo chiedere, dov’è questa intelligenza? Ma la stessa domanda potrebbe essere fatta per il cellulare. E dove si trova l’intelligenza che ha concepito il cellulare? Se troviamo un cellulare in terra potremmo non arrivare mai a conoscere l’intelligenza che lo ha creato, no? Questo fatto però non ci farà mai dubitare che quell’oggetto sia stato prodotto da un essere intelligente e che sia stato frutto di intenzionalità. Ma quale intenzionalità sta dietro questa creazione?
Per chiarire la risposta a questa ultima domanda facciamo un altro esempio esplicativo. Immaginiamo per un attimo di essere una persona qualsiasi. Stiamo per compiere un giro del mondo attraversando tutti gli Stati e, in ogni Nazione, entriamo in possesso di un biglietto di una lotteria ognuna delle quali è composta da almeno un milione di codici diversi. Cosa penseremmo se, dopo aver controllato tutti i numeri, ci accorgessimo di non aver vinto niente? Sicuramente che si è verificato il risultato più probabile. Ma se ci si accorgesse di avere in mano il codice del biglietto primo estratto in una delle lotterie alle quali abbiamo partecipato? Bè, qualcuno deve pur vincere! Ci riterremmo comunque molto, molto fortunati. Un’ultima possibilità. Ci accorgiamo di avere in mano tutti i biglietti vincenti di tutte le lotterie alle quali abbiamo partecipato. Tutti. In questo caso cosa penseremmo? L’evento descritto non è possibile… a meno che non ci sia un trucco, un imbroglio. Sicuramente abbiamo tutti i biglietti vincenti perché chi gestisce quelle lotterie ha voluto che accadesse proprio quella cosa lì.
Non esistono altre possibilità salvo che non si volesse considerare anche l’ipotesi che questo fatto dipenda esclusivamente dal caso, ma nessun essere umano dotato di normale intelletto, potrebbe sostenere questa ipotesi. Ora facciamoci un’altra domanda. Come ha fatto la vita, così come la intendiamo noi, a svilupparsi dopo il Big Bang? La vita, e più precisamente la vita intelligente, è nata e si è evoluta sulla Terra perché l’uomo aveva in mano tutti i biglietti vincenti di tutte le lotterie possibili. In parole povere, dal Big Bang in poi, si sono verificati migliaia e migliaia di eventi decisivi ognuno dei quali aveva migliaia e migliaia di possibili diverse soluzioni ma, probabilmente per lo stessa ragione indicata come soluzione a quell’assurda vincita alla lotteria, qualcosa o qualcuno ha fatto si che per ogni possibile soluzione, venisse portata avanti solo quella che avrebbe dato origine alla vita intelligente e scartate quelle che, al contrario, l’avrebbero impedita.
In estrema sintesi, e senza complicare inutilmente, abbiamo avuto il biglietto vincente per quanto riguarda la creazione delle percentuali di materia e antimateria, per la precisione assoluta dell’espansione dell’Universo, per i valori delle Leggi fondamentali della fisica, per la struttura stessa della materia, per il delicatissimo processo di costruzione del carbonio e parecchie altri centinaia di casi. Una qualsiasi piccola, possibilissima ed insignificante variazione ad una qualsiasi delle costanti numeriche universali, dal Big Bang ad oggi, avrebbe impedito lo sviluppo della vita. Quello che è importante consiste nel fatto che non solo abbiamo indizi che l’Universo sia stato creato intenzionalmente ma, addirittura, che l’obiettivo era quello di creare le condizioni per permettere lo sviluppo di un’intelligenza. Questo si chiama “Principio Antropico”: l’Universo è concepito appositamente per creare la vita.
Molti, a cominciare da Darwin, sostengono che l’uomo sia il frutto di una lunga evoluzione. Esistono due teorie, ma nessuno può dimostrare che una è vera e l’altra no. Come al solito abbiamo indizi, solo indizi. La teoria che considera l’uomo come frutto esclusivo di una lenta evoluzione ha segnali validi, ma certamente non come quelli in merito all’intenzionalità nella creazione di vita intelligente. Mi sono sempre meravigliato del fatto che nessuno possa aver mai pensato che le due teorie potessero essere unite in una sola grande teoria. Mi spiego. L’ipotesi della presenza di un’intelligenza dietro la creazione può tranquillamente convivere con l’evoluzione e dare origine ad un unico grande indizio. In parole povere “qualcuno” o “qualcosa” ha intenzionalmente dato il via all’Universo affinché potesse nascere (la creazione) e consentire, nel tempo e attraverso vari passaggi, il progresso (l’evoluzione) di una forma di vita così intelligente e diversa. Dal mio punto di vista esiste intenzionalità anche nell’evoluzione. Pensiamo, solo per fare un piccolo esempio, all’antenato della tigre. Nelle sue arcate dentarie aveva in dotazione due enormi denti ricurvi affinché potesse meglio immobilizzare prede particolarmente robuste. Con il passare del tempo, quando le sue prede sono diventate meno ingombranti, l’evoluzione ha giustamente ritenuto inutili quelle due armi e quindi ha provveduto a ridurle sempre più fino alla dentatura che tutti conoscono. Ora mi chiedo: la messa in opera di una modifica strutturale che migliori l’adattabilità di un animale all’ambiente nel quale vive, può essere frutto del caso o è intenzionale? Nessuno potrà mai convincermi che il caso possa essere la condizione logica di un miglioramento. Quindi la variazione evolutiva migliorativa può avvenire solo in presenza di “qualcuno” o “qualcosa” che, dopo essersi accorto del problema, si prende carico della "soluzione" risolvendo il tutto intelligentemente e intenzionalmente. Che si voglia chiamare “Natura” o “Intelligenza” o “Creatore” è solo una questione marginale.
E’ giunto il momento di fare mente locale sui risultati dell’esperimento Aspect. Avvenuto nel 1982 e più volte verificato anche in seguito è sempre stato tenuto nascosto al grande pubblico. L’evento, secondo i massimi scienziati, passerà prima o poi alla storia come l’esperimento più straordinario del XX secolo. Complicato e difficile da spiegare nei dettagli provo a estrarne il succo. Sappiamo che gli atomi non sono il mattone fondamentale della costruzione universale, ma, entrando nel mondo subatomico, in altre parole quello dei componenti l’atomo, sono state scoperte altre e più complesse particelle. Le microparticelle. Semplificando, il gruppo guidato da Alain Aspect ha scoperto e dimostrato a tutti che le microparticelle comunicano tra loro istantaneamente. Queste microparticelle possono trovarsi ad un metro di distanza oppure a mille anni luce, ma, in entrambi i casi, la comunicazione sarà istantanea. Ripeto i-s-t-a-n-t-a-n-e-a! Quindi, avendo anche dimostrato che, tra quelle microparticelle, non esiste alcun collegamento fisico sul quale far correre una comunicazione che, in nessun caso, non potrebbe andare più veloce della luce, rimane solo una possibilità che verifica quanto detto. Se le microparticelle comunicano tra loro a distanza si deve semplicemente al fatto che esse costituiscono una entità unica! Anche se a noi sembrano due, sono una sola cosa. Ad un livello profondo della realtà, la materia non è individuale ma una mera rappresentazione di un’unità fondamentale. La varietà di cose e fatti che vediamo e sentiamo intorno a noi non sono altro che manifestazioni diverse della stessa realtà. Tutte le cose e gli eventi sono facce diverse della stessa medaglia. Può sembrare incredibile, ma tutto è uno!
Ancora un esempio. Cos’è un essere umano? Risposta: è una struttura di informazioni. Gli atomi formano una molecola. Le molecole creano una cellula. Le cellule formano un organo. Un insieme di organi forma un corpo vivente. Punto. Una tale definizione pecca di gravissime carenze perché riduce la lettura ai soli componenti. Una descrizione di questo genere è identificata dal termine “riduzionista”. Per capire meglio il concetto, pensiamo all’analisi riduzionista di una musica famosa. Prendiamo ad esempio il “coro muto della Butterfly” di Giacomo Puccini. Si studia la composizione del coro, il loro movimento sul palcoscenico, la storia personale dei coristi, le singole caratteristiche vocali ed i loro abiti, la carta sulla quale sono state scritte le note, il tipo d’inchiostro usato e via dicendo. Niente di tutto questo rivelerà davvero cosa è questa melodia. Per capirla dobbiamo analizzarla su un piano diverso. Questo altro tipo di analisi viene definito “semantico” ed è l’unico che ci permette di capirne lo scopo e la bellezza creativa. Adesso chiediamoci quale metodo abbiamo utilizzato fino ad oggi per studiare l’universo, per conoscerne la materia che lo compone, le sue forze, le leggi e via dicendo.
E’ il solito problema dell’hardware e del software. Il piano riduzionista si concentra sull’hardware, mentre quello semantico pone la propria attenzione sul software. Questa è stata la madre di tutti gli errori concettuali: è questo il nocciolo del problema per gli scienziati. Per questo motivo, quanto abbiamo detto e discusso finora, non solo per noi ma per l’intera scienza umana, ha poca attinenza al concetto di “conoscenza”. Con il riduzionismo non si può comprendere niente! Questo è quanto finalmente stanno pensando molti scienziati.
Continuiamo cercando il più possibile di seguire un percorso logico. Parliamo adesso dell’intuizione. A tutti noi è capitato e certamente succederà ancora di rendersi conto di essere molto vicini alla risoluzione di un problema ma, nonostante i nostri sforzi qualcosa ci impedisce di trovare la “parte finale” tanto desiderata. Ad un certo punto, dopo che abbiamo ormai rinunciato e abbiamo spostato la nostra attenzione su qualche altra cosa, improvvisamente, come in un lampo, ci viene in mente la soluzione. In questo processo non interviene alcun ragionamento. E’ come una visione improvvisa, immediata. Quando la mente razionale, che tutto cataloga e organizza, tace, la modalità intuitiva produce uno stato di straordinaria consapevolezza. Tutto è percepito direttamente senza il filtro del pensiero concettuale. A causa del loro lavoro di continua ricerca gli scienziati avevano familiarità con le visioni intuitive dirette perché molte nuove scoperte nascevano da un improvviso lampo di “illuminazione”. Ma questi momenti erano estremamente brevi e si verificavano in particolari situazioni nelle quali la mente è svuotata di tutti i pensieri e di tutti i concetti e quindi è preparata a funzionare in modalità intuitiva. Mentre a noi, come a tutte le persone comuni, capita raramente e involontariamente, i mistici orientali sanno entrare e restare per lunghi periodi in questa modalità: sanno accedere alla meditazione. Esattamente come per diventare scienziati, per accedere a stati profondi della mente ci vuole predisposizione, grande volontà e tanta applicazione. La preparazione della mente ad uscire dagli schemi per entrare in uno stato di consapevolezza che consente di percepire la realtà in maniera immediata, non concettuale, è lo scopo principale di tutte le scuole del misticismo orientale.
Il bello è che nel XX secolo alcuni scienziati occidentali si accorsero che le conclusioni scientifiche alle quali erano arrivati dopo un percorso più che millenario, combaciavano in modo sospetto con molte affermazioni mistiche orientali. In certi casi si aveva la stessa identica definizione per lo stesso evento. Esattamente come se due gruppi di studio lontani tra loro e che non si passano informazioni, arrivassero alla stessa conclusione. L’eccezionalità di questa incredibile somiglianza non può non considerare il fatto che, mentre in occidente qualsiasi scoperta è arrivata alla conclusione di una serie di esperimenti e calcoli scientifici, in oriente le affermazioni erano tutte frutto di meditazioni avvenute qualche migliaio di anni prima delle “conclusioni” alle quali sarebbero poi arrivati i nostri scienziati!
Più che religioni a molti sembrano filosofie, di natura religiosa, ma sempre filosofie perché il loro scopo è sempre teso verso l’esperienza mistica e diretta della realtà. Prendiamo l’Induismo o meglio la sua fonte: i “Veda” cioè una raccolta di scritture anonime in sanscrito, riconosciute come il testo sacro più antico di qualsiasi altro. Il fondamento del messaggio è l’idea che la moltitudine di cose ed eventi che ci circondano non sono altro che differenti manifestazioni della stessa realtà ultima. Questa realtà, chiamata “Brahman”, è il concetto unificante che dà all’Induismo il suo carattere essenzialmente monoteistico nonostante l’adorazione di un gran numero di Dei e Dee. “Brahman”, secondo i “Veda”, è inteso come l’essenza intima di tutto. Esso è infinito e trascende tutti i concetti. Non può essere compreso dall’intelletto né descritto a parole. Diversamente dall’Induismo, il Buddismo ha un fondatore, Siddhartha Gautama, ovvero il primo Buddha della storia, il quale ha prediletto un orientamento religioso decisamente più filosofico. Il Buddismo considera l’intelletto come il mezzo per aprire la strada dell’esperienza mistica. Buddha sostiene che questa “esperienza” consiste nell’andare al di là del mondo reale per raggiungere “l’impensabile”, dove la realtà si manifesta come “essenza assoluta” indivisa e indifferenziata. Tutti i concetti elaborati dalla mente umana a proposito della realtà delle cose, in ultima analisi, per il Buddismo non sono altro che “vuoto”. La realtà ultima è sorgente di tutta la vita e l’essenza di tutte le cose. Il “Brahman” degli Indù per i Buddisti si chiama “Dharmakaya”, ma la sostanza è la stessa. Questi concetti, in occidente, sono stati dimostrati dall’esperimento Aspect. Ma non basta.
Tutti conoscono l’orologio a pendolo. L’inventore, tale Christiaan Huygens, durante alcune prove, ne appoggiò due, molto vicini uno all’altro, alla stessa parete. Alcuni giorni dopo si accorse che il pendolo oscillava in modo perfettamente uguale su entrambi gli orologi. Aveva, per così dire, una perfetta sincronia. Quando un pendolo era a destra, anche l’altro lo era. Per curiosità li fece ripartire completamente asincroni, vale a dire, quando il pendolo di uno era sulla destra, l’altro si trovava a sinistra e viceversa. Rimase semplicemente esterrefatto, quando si accorse che, dopo alcune ore, i due pendoli si muovevano nuovamente in modo sincrono. Fece questo esperimento più volte e sempre, dopo un breve periodo di tempo, i pendoli si sincronizzavano.
Il sincronismo dei pendoli fu solo il primo di molti esperimenti simili. Ne cito solo alcuni, ma sono tantissimi. Il primo: le molecole d’acqua che si muovono liberamente, quando la temperatura scende a zero gradi centigradi, si uniscono all’unisono in un movimento sincrono che permette la creazione del ghiaccio. Si sono messe d’accordo? Il secondo: se due donne sono obbligate a vivere a strettissimo contatto per molto tempo, i loro cicli mestruali si sincronizzano come se, con la vicinanza, ascoltassero gli stessi comandi naturali. Il terzo: un gruppo di scienziati scoprì che alcuni atomi quando sono collocati a temperature vicine allo zero assoluto, cioè la temperatura minima possibile e fino ad ora raggiunta che corrisponde a -273 gradi, cominciano a comportarsi come se fossero uno solo… Milioni di miliardi di atomi coinvolti in un gigantesco ballo sincronizzato. Questa scoperta permise a quel gruppo di vincere il Nobel della Fisica nel 2001. Il Comitato Nobel affermò che essi erano riusciti a fare in modo che gli atomi “cantassero all’unisono”. Fu esattamente questa l’espressione usata dal Comitato nel comunicato ufficiale. Gli atomi cantano all’unisono. Chiedo: al ritmo di quale musica?
La danza di Shiva, secondo molti studiosi, è l’immagine più chiara dell’attività di Dio di cui qualsiasi arte o religione possa vantarsi. I Veda, Testi Sacri dell’Induismo, parlano chiaro e da migliaia e migliaia di anni dicono, più o meno, così: “…la natura è inerte e non può danzare fino a che Shiva non vuole. Egli si risveglia dall’estasi e danzando nel fuoco trasmette alla materia inerte onde pulsanti di suono che la risvegliano. Ecco, anche la materia danza attorno a Lui e si espande. Quando il tempo è compiuto Egli distrugge tutte le forme e riporta una nuova pace”. Molti scienziati hanno notato una strana somiglianza tra la “danza di Shiva” ed il suono prodotto, ed ancora oggi ascoltabile, dal fragore del Big Bang. Per noi è scienza, per loro è musica e poesia!
Premesso che la scienza e il misticismo orientale non possono dimostrare né l’esistenza né la non esistenza di Dio, dovrebbe essere chiaro che comunque non si tratta certo del Dio della Bibbia. Penso piuttosto ad un’entità onnisciente e intelligente, la forza l’Universo, il grande architetto di tutto. Mi dispiace tantissimo, ma la figura paterna e moralizzante della Bibbia non credo proprio che esista. Quel Dio è una creazione umana, un concetto che ci siamo inventati per sentirci più sicuri, più protetti, più tranquilli. Sarebbe molto piacevole avere un Padre sempre impegnato a proteggerci. D’altra parte ci sono verità profonde e nascoste in tutti i Testi Sacri della storia dell’umanità che coincidono spaventosamente sulla parola e sul concetto di “creazione”. L’Universo è stato concepito con un ingegno tale da denunciare intelligenza e con una precisione da lasciare intravedere un proposito. La nostra esistenza non ha la minima possibilità di essere accidentale per il semplice fatto che tutto è determinato, in ogni minimo dettaglio, fin dall’inizio. Personalmente credo che la vita e la mente siano impresse in profondità nella struttura del cosmo tramite un oscuro e misterioso principio vitale. Se un solo indizio può essere un caso, due indizi rappresentano una probabilità e tre indizi... bè, forse sono solo tre indizi.
Fino a quando procederemo in termini “riduzionistici” non diminuiremo di un solo atomo le nostre incertezze. Con l’aiuto del misticismo orientale potremo forse imparare una lettura “semantica” che potrà aprire nuovi orizzonti fino ad oggi nascosti alla nostra comprensione. L’insieme delle profonde conoscenze occidentali e delle “intuizioni” dei più grandi mistici che l’umanità abbia mai avuto, sono comunque concordi nell’affermare che è impossibile usare il linguaggio delle parole per descrivere conoscenze interiori e profonde. In parole povere, a pochi è dato di sapere cose che non è possibile spiegare agli altri con il linguaggio. Questa conclusione, in occidente come in oriente, è l’ultima verità, ed io ci credo a parte il grande dispiacere per l'infinita, controproducente ed inutile contesa tra scienza e religione.
Forse ho seguito una strada sbagliata, forse ho creduto di poter comprendere cose più grandi di me, forse non mi sono documentato abbastanza, forse non sono stato creato per capire queste cose, forse verranno fatte scoperte più entusiasmanti, forse è stato il mio "cuore" a guidarmi, forse... è tutto un sogno. Alcuni lo chiamano Dio, altri Geova, altri Allah, alcuni lo chiamano Brahman, altri Dharmakaya e altri ancora Tao. Differenti interpretazioni della stessa Cosa. Ognuno è libero di decidere.
La mia opinione su Dio, termina qui.
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