“La città nella città”. Così veniva chiamata la Manifattura Tabacchi. Un enorme stabilimento all'interno delle Mura nato su un antico convento di suore. Per quasi due secoli ha dato lavoro a migliaia di persone, in massima parte donne, che hanno contribuito sia al mantenimento di larghe fasce della popolazione lucchese sia a far conoscere a tutto il mondo l'assoluta e indiscutibile qualità della manifattura italiana: il sigaro toscano, quello, ancora oggi, rigorosamente fatto a mano con tabacco Kentucky. Sono entrato l'ultimo giorno disponibile per poter effettuare una visita guidata prima dell'inizio dei lavori di ristrutturazione all'italiana, ovvero, quella tipologia di interventi dove nessuno sa cosa faranno, quanto tempo sarà necessario, quanto costerà eccetera eccetera. Sapevo solo che la mia nonna Gina, la baby sitter dei primi anni della mia esistenza, aveva lavorato per tutta la sua vita in quella fabbrica. Sprazzi di lontanissimi ricordi erano legati ai racconti del lavoro di sigaraia svolto in quegli immensi locali. Durante il passaggio negli ambienti da troppi anni in disuso, la carenza di illuminazione in molti stanzoni vuoti mi trasmetteva una serie di sensazioni strane, indefinibili. In un silenzio irreale, all'interno di quello stabilimento, un vecchio ex dipendente cercava di spiegare come era la vita lavorativa in quei posti ed io mi sforzavo di immaginare, con l'udito, quali potevano essere i veri rumori che hanno abitato in quell'aria buia e pesante. La sala mensa, con le celle frigorifero ancora visibili, il reparto essiccazione, i laboratori dove le sigaraie impastavano il tabacco, il reparto dedicato alla profumazione delle sigarette e le zone silenti, dove ci si ritrovava nella pausa per fumare e chiacchierare in serenità. Anche se ne hanno parlato, non sono riuscito a vedere la “fruga” cioè la zona dove i dipendenti, prima di tornare a casa, venivano controllati (spogliati nudi) per accertarsi che nessuno avesse portato via sigari e sigarette. Una pratica lontana, che in tempo di guerra diventava l'unico modo per sopravvivere alla fame, con la rivendita del tabacco al mercato nero. Ho anche cercato di vedere mia nonna quando entrava, quando si infilava il camice da lavoro, quando pranzava nella mensa, quando, da una foglia di tabacco, con il sapiente uso delle sole mani faceva nascere un sigaro Toscano. Ne doveva fare, e li faceva, più di 300 al giorno! Poi, e questo ululato lo ricordo ancora, suonava la sirena. Si sentiva in tutta la città. La giornata di lavoro era finita
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