Perchè ho dubbi sull'utilità degli studi universitari
Molti anni fa, quando decidemmo di ristrutturare la nostra cucina, ebbi modo di conoscere un piastrellista che mi stupì non poco. Aveva voglia di parlare, anche perchè sosteneva che il suo lavoro non aveva bisogno di “tutto” il cervello per essere fatto bene e quindi, anche se non ricordo come venne fuori, il primo argomento in discussione fu il romanzo di Oriana Fallaci: Insciallah. Non so quanti di voi l'abbiano letto... è un bel malloppo, molto interessante e scritto bene ma certamente non raccomandabile a chi non abbia una certa cultura. Il piastrellista, non solo conosceva perfettamente tutte le vicende storiche riportate dalla scrittrice ma le aveva anche approfondite con nozioni che solo una vera e grande curiosità può riuscire ad immagazzinare. Dopo meno di un'ora mi accorsi che la sua cultura era enormemente superiore alla mia e spaziava in campi diversi uno dall'altro. Nel pomeriggio, dopo aver constatato l'enorme “sapere” di quell'uomo, feci la domanda che avrei voluto fare già dopo pochi minuti:
“Scusami, non vorrei offenderti, ma come fai ad avere un livello culturale così elevato?”
La risposta, per me, fu semplicemente la conferma di quello che pensavo da anni:
“Vedi, ho avuto la fortuna di sposare una donna con una cultura elevata e siccome non mi stava bene questa differenza, ho cominciato a leggere di tutto e di più. Tutte le sere, invece di guardare la televisione, mi metto sulla poltrona, leggo, imparo e mi diverto. In poco più di dieci anni ho letto più di trecento libri e quello che mi hai detto... mi fa un grande piacere. Sai, la lettura è l'unica strada per la vera conoscenza. Chi va all'Università ha una cultura troppo limitata, direi settoriale: l'ingegnere saprà tutto sulle costruzioni e il medico saprà tutto sul corpo umano ma se non si documenteranno a dovere, non conosceranno mai, per esempio, come sono nati i problemi del medio oriente e quando parlano di molte cose al di fuori del loro campo specifico, moltissimi laureati farebbero bene a stare zitti! ”
A distanza di pochi anni una dall’altra, le mie due figlie mi chiesero cosa ne pensassi dell’università. Pur riconoscendo il fatto che ambedue erano state studentesse delle quali essere orgogliosi, risposi così: “Secondo me si deve andare all’università in tre casi.
A) se fin da bambino si dimostra e si coltiva una evidente e durevole passione per qualcosa di ben preciso (fisica, medicina, ingegneria) quasi al limite dell’ossessione, come fosse un chiodo fisso. In questo caso scegliere di seguire una strada così tanto desiderata diventa un dovere al quale non si deve opporre alcuna resistenza. Poi si vedrà.
B) se un genitore ha da anni un avviato studio professionale la strada è obbligata ma garantisce il proprio futuro. Diventare medico o architetto piuttosto che ingegnere o avvocato è quindi una scelta di opportunità che non deve essere neanche posta in discussione.
C) se tra i parenti più stretti o amici più vicini esistono figure di una certa rilevanza politica e/o economica in grado, con le loro infinite “conoscenze”, di risolvere all’istante l’affannosa ricerca di un posto di lavoro “adeguato”. In questo caso converrebbe scegliere qualcosa di generico e poco difficile, tanto un posto di lavoro ben retribuito è sicuro al 100%.
"In conclusione, se non appartenete a nessuno di questi tre casi, trovo controproducente spostare di anni una ricerca di sistemazione che sarà comunque molto ardua se non dolorosa. Non è escluso che, anche con una bella laurea in mano, sarete costrette ad adeguarvi ad accettare lavori per i quali sarebbe stato sufficiente un diploma qualsiasi.”
Forse è anche per questo che ambedue hanno cercato e trovato subito un lavoro “adeguato”. Più passano gli anni e più sono convinto di aver fatto il bene di tutte e due. Dissi solo quello che pensavo, cioè la verità. Mi spiace solo che ambedue, almeno per ora, non leggano molto.
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