Torno subito

L’Homo Sapiens raggiungeva e manteneva il potere con la forza fisica. Come gli animali, i maschi combattevano esclusivamente per il possesso della femmina. Il vincitore, sicuramente il più forte e coraggioso, con il suo seme garantiva la migliore discendenza possibile tra quelle disponibili nei primi piccoli villaggi degli umani. La natura non aveva altra strada e non poteva permettere niente di diverso dal pretendere un miglioramento continuo della razza. Fare tutto per la sopravvivenza era l’obiettivo più giusto e naturale possibile. Comandava il più forte fino a quando poteva dimostrare di esserlo e cioè fino al giorno in cui un altro pretendente, con la forza, sarebbe diventato il nuovo leader del gruppo. Le cose sono andate avanti così per molte migliaia di anni e, allo stesso tempo, l’umanità ha sviluppato un linguaggio sempre più complesso, armonico e approfondito. Poi qualcuno, chissà chi e dove, ha cominciato ad usare un arma molto più efficace della fisicità e totalmente basata sulle parole: la persuasione, il convincimento. Nacque così l’Homo Politicus. Questo nuovo elemento non limitava i suoi interessi alla disponibilità delle femmine o alla guida dei sudditi alla costante ricerca del miglioramento della vita del suo gruppo, aveva ambizioni diverse, molto più grandi e un po’ meno altruiste. Da allora, per raggiungere i posti di comando non servono più i muscoli, ma il cervello e, in particolare, la capacità di convincere gli altri che, chi sta parlando, è il migliore. L’umanità, nel suo sviluppo, è quindi passata da un sistema di potere basato sulla fisicità rappresentata sicuramente dall’uomo migliore possibile, ad una organizzazione avente a capo il miglior umano in grado di convincere gli altri solo attraverso discorsi, cosa ben più pericolosa in quanto esclude la garanzia che il capo sia il migliore in assoluto.

Per chiarire bene il concetto, in maniera un po’ semplicistica divido l’umanità in “persone per bene” e “farabutti”. L’egoismo, la prevaricazione, il menefreghismo, l’intolleranza, l’arrivismo, l’imbroglio, la menzogna, la faccia di bronzo, la disumanità, la cattiveria, l’incoerenza, il disprezzo delle regole e altri comportamenti simili si trovano nascosti, in percentuali diverse ma comunque ben presenti, solo nella seconda categoria. Adesso, tra queste due tipologie, mi chiedo quale tipo sia più adatto a fare politica. La storia del mondo insegna che quando qualcuno, senza le suddette caratteristiche, ha provato ad entrare nelle stanze dei bottoni, quel sistema lo ha escluso più o meno violentemente. Allo stesso modo sono convinto che un piccolo politico locale possa anche essere una persona per bene ma, se così fosse, non potrà mai fare una brillante carriera e, sempre politicamente parlando, resterà la nullità che è. Maggiore è il potere dato da una poltrona, maggiore deve essere l’adesione al sistema. Il risultato è quello che ai grandi poteri politici e/o economici ci possono arrivare solo i “farabutti”. L’obiettivo primario di questi signori è il mantenimento del comando “costi quello che costi” e quindi devono apparire il contrario di quello che sono, sostenere il contrario di quello che pensano, dichiarare il contrario della verità e, di tanto in tanto, distribuire caramelle per mantenere inalterata l’approvazione ed il consenso della plebe la quale, a ragione, viene considerata molto ingenua, ignorante e quindi credulona e ben gestibile.

Da quando esiste l’uomo, la figura dominante ha sempre avuto nelle proprie mani il destino dei dominati. La gente, contro l’informazione ufficiale autoreferenziata, non sembra avere alcuna possibilità di difesa. Immaginate un gregge di pecore. Sono sufficienti un paio di cani ben addestrati a farlo andare dove vuole il pastore. Nessuna di loro farà opposizione ad una eventuale scelta sbagliata né si chiederà mai un solo perché. Eseguono un comando, punto e basta. Tra noi e quelle candide creature ci dovrebbe essere una bella differenza che purtroppo, troppo spesso, non c’è. Perché avviene questo? Perché pensiamo e crediamo che una cosa sia giusta? L’ovvia risposta della gente comune non può che essere: “Perché l’ha detto la televisione”. Notate qualche differenza con quel gregge di pecore? Le bestie identificano il popolo, i cani ben addestrati sono l’informazione ufficiale ed il pastore è il potere. Qualsiasi informazione, passata all’attenzione del popolo, deve rispettare regole precise la prima delle quali, se io fossi il potere, dovrebbe essere (ed in realtà è proprio così): “nessuna notizia deve poter ritorcersi contro di me”. E questo è un compito dei giornalisti professionisti. D'altronde non capisco come si possa affermare, o solo pensare, che un giornalista sia “super partes”. Un pover’uomo nato e cresciuto in un certo ambiente, che ha frequentato certe scuole, che ha passato esami con certi professori, che ha coltivato certe amicizie e che ha avuto come maestro-guida della professione che vorrebbe intraprendere una certa persona, non può non avere idee precise, tali da farlo schierare da una parte. Gli editori, tenuti in vita dal potere con l’unico incarico di essere i divulgatori ufficiali delle notizie, non fanno altro che chiudere il cerchio e si circondano di soggetti dei quali conoscono molto bene la storia ed il pensiero. Ogni parte ha quindi la propria verità ma, per ogni fatto, ne può esistere solo una.

Negli ultimi secoli, fino all’inizio del terzo millennio, il potere si è adoperato affinché l’informazione al popolo non potesse avere alcun concorrente, nessuna voce poteva permettersi di contraddire, e nemmeno dubitare sulla verità di quanto era stato ufficialmente comunicato. L’informazione governativa, chiunque fosse al potere, era l’unica verità e la comunità non poteva far altro che crederci. I pochi che, anche senza strumenti informativi adeguati, si permettevano o si permettono di avanzare verità diverse, erano e sono indicati come agitatori, rivoluzionari e sovversivi. Gli unici veri attacchi avvenivano, ed ancora oggi avvengono, dalle frange estremiste del “sistema” potere le quali, proprio per il fatto di essere “dichiaratamente di parte”, non potevano né possono pretendere di avere credito sufficiente per essere considerate attendibili. E’ sempre stato così ma, purtroppo per il potere e fortunatamente per noi, forse non continuerà a lungo. Il dubitativo è d’obbligo in quanto coloro che occupano posizioni di privilegio non si arrendono facilmente e, senza farsi troppi scrupoli, sono in grado di usare armi non convenzionali molto, molto convincenti nei confronti di tutti coloro che mettono in serio pericolo il loro status. La speranza delle prossime generazioni, ed il nemico più importante del potere attuale, si chiama Internet.

Sia chiaro che la rete non è la depositaria della verità, tutt’altro. E’ solo una nuova forma di divulgazione di informazioni a disposizione di coloro che, non avendo la possibilità di utilizzare i classici mezzi di comunicazione di massa “ufficiali”, consente loro la pubblicazione di qualsiasi notizia a livello globale, sia per scritto, in voce o sotto forma di immagini fisse o in movimento. Un mix informativo utilissimo ma che può essere anche micidiale proprio a causa della sua stessa natura “aperta” che permette l’accettazione e conseguente divulgazione di qualsiasi pagina informativa immessa da qualsiasi persona, organizzazione o gruppo senza che venga effettuato alcun controllo né sui contenuti né sulla fonte. Leggere una pagina sulla rete è un po’ come leggere il contenuto di un biglietto trovato per terra. Tutti però ormai sanno che, qualunque sia l’argomento trattato, prima di crederci, è bene controllare il grado di attendibilità della fonte. Internet, così come è strutturata adesso, non può avere la stessa forza persuasiva dei mezzi di comunicazione ufficiali, però consente approfondimenti altrimenti impossibili. A differenza di un articolo scritto su carta o letto alla radio o alla televisione, chi utilizza la rete non ha limiti né di tempo né di spazio e quindi, una qualsiasi notizia ufficiale raccontata o letta in cinque minuti può essere analizzata nei minimi dettagli.

Indipendentemente da Internet, per riflettere sulle informazioni, per cercare verità nascoste, necessitano alcune cose. Una notizia che coinvolga la nostra mente, un indizio contrario alla descrizione ufficiale del fatto, il nascere di un ragionevole dubbio, la volontà di cercare di approfondire quanto raccontato da altri e il tempo da dedicare alla ricerca. In poche parole, oltre ad una certa dose di curiosità, serve una cultura di base, una normale capacità intellettiva che consenta di riflettere, una piccola confidenza con la rete e una non dipendenza dal fatto che quella cosa è così perché l’ha detto la televisione. Questo tipo di comportamento contribuisce a darmi una ragionevole certezza che l’utilizzo del proprio cervello venga, dalla maggioranza delle persone, considerato un impegno al quale non si deve dedicare troppo tempo. Riflettere è un lavoro, il lavoro è una fatica, con la fatica si suda, il sudore bagna, il vento si alza e la pleura parte! Così, più o meno, recitava un grande comico sdrammatizzando l’innato rifiuto umano allo sforzo. Su questo aspetto sono anch’io poco ottimista perchè la capacità di riflettere è direttamente proporzionale alla cultura dell’umano che usa quel cervello. Mi guardo intorno, ascolto le conversazioni, cerco di capire cosa pensano gli altri, e ritorno a casa più rattristato di quando ne ero uscito.

L’unico aspetto positivo è che dopo un periodo nel quale l’economia Nazionale ha dovuto fare ricorso a mano d’opera extracomunitaria affinché, specialmente nelle fabbriche, potessero essere svolte attività che nessun italiano desiderava compiere, tra una ventina di anni questa situazione potrebbe subire drastici cambiamenti. La rovina totale della scuola aiutata dalla dissoluzione delle famiglie sta producendo una immensità di giovani ignoranti, senza arte né parte, i quali, appena non potranno più contare sugli aiuti economici parentali, escludendo coloro che verranno risucchiati dalla malavita, quelli restanti dovranno giocoforza entrare nel mondo del lavoro pur non avendo alcuna cultura né preparazione specifica. A questo punto l’attuale mano d’opera extracomunitaria non servirà più e l’immigrazione diverrà inutile. Saremo ampiamente autosufficienti. Questo scenario, continuando così, sarà il nostro progresso. Per colpa di quella precedente, l’attuale generazione non ha scampo, speriamo quindi nelle successive. Comunque è fuori dal mondo credere ed affermare che la scuola debba educare i giovani. Un bambino inizia a studiare a sei anni ed in questo primo periodo della sua esistenza ha avuto migliaia di istruzioni di vita solo dalla sua famiglia, dalla quale avrà anche assorbito un certo livello educativo che la scuola difficilmente potrà aumentare e, se ci riuscirà, sarà veramente di poco. Solo con l’educazione, la conoscenza, la consapevolezza dei problemi e dei passati tentativi di soluzione, un ragazzino può diventare un uomo in condizione di partecipare, senza subire inganni, al gioco della vita.

Parlando di scuola non posso non ricordare come, a distanza di pochi anni una dall’altra, le mie due figlie mi chiesero cosa ne pensassi dell’università. Pur riconoscendo il fatto che ambedue erano state studentesse delle quali essere orgogliosi, risposi così: “Secondo me si deve andare all’università in tre casi. A) se fin da bambino si dimostra e si coltiva una evidente e durevole passione per qualcosa di ben preciso (fisica, medicina, ingegneria) quasi al limite dell’ossessione, come fosse un chiodo fisso. In questo caso scegliere di seguire una strada così tanto desiderata diventa un dovere al quale non si deve opporre alcuna resistenza. Poi si vedrà. B) se un genitore ha da anni un avviato studio professionale la strada è obbligata ma garantisce il proprio futuro. Diventare medico o architetto piuttosto che ingegnere o avvocato è quindi una scelta di opportunità che non deve essere neanche posta in discussione. C) se tra i parenti più stretti o amici più vicini esistono figure di una certa rilevanza politica e/o economica in grado, con le loro infinite “conoscenze”, di risolvere all’istante l’affannosa ricerca di un posto di lavoro “adeguato”. In questo caso converrebbe scegliere qualcosa di generico e poco difficile, tanto un posto di lavoro ben retribuito è sicuro al 100%. In conclusione, se non appartenete a nessuno di questi tre casi, trovo controproducente spostare di cinque o sei anni una ricerca di sistemazione che sarà comunque molto ardua se non dolorosa. Non è escluso che, anche con una bella laurea in mano, sarete costrette ad adeguarvi ad accettare lavori per i quali sarebbe stato sufficiente un diploma qualsiasi.” Forse è anche per questo che ambedue hanno cercato e trovato subito un lavoro “adeguato”. Più passano gli anni e più sono convinto di aver fatto il bene di tutte e due. Dissi solo quello che pensavo, cioè la verità, ma ora continuiamo con le menzogne.

"Potete ingannare tutti per un pò. Potete ingannare qualcuno per sempre. Ma non potete ingannare tutti per sempre." Più che una frase famosa, questa dovrebbe essere la speranza dell’umanità. Nel 1960 sindacalisti e politici famosi riempivano le piazze delle nostre città e dal palco promettevano lo sviluppo del Sud, tasse più eque per tutti, lavoro per i giovani e affitti più bassi. La gente applaudiva. Nel 1970 sindacalisti e politici famosi riempivano le piazze delle nostre città e dal palco promettevano lo sviluppo del Sud, tasse più eque per tutti, lavoro per i giovani e affitti più bassi. La gente applaudiva. Nel 1980 sindacalisti e politici famosi riempivano le piazze delle nostre città e dal palco promettevano lo sviluppo del Sud, tasse più eque per tutti, lavoro per i giovani e affitti più bassi. La gente applaudiva. Nel 1990 sindacalisti e politici famosi riempivano le piazze delle nostre città e dal palco promettevano lo sviluppo del Sud, tasse più eque per tutti, lavoro per i giovani e affitti più bassi. La gente applaudiva. Nell’ultima campagna elettorale, sindacalisti e politici famosi riempivano le piazze delle nostre città e dal palco promettevano lo sviluppo del Sud, tasse più eque per tutti, lavoro per i giovani e affitti più bassi. La gente applaudiva. Questo fatto è la prova inequivocabile che la gente è molto stupida oppure non ha memoria e che i nostri "sindacalisti e politici famosi" mentono sapendo di mentire. Ma non basta. Adesso, a livello nazionale, la regia “occulta” è diventata proprio evidente. Mi ricordo che quando c’erano solo due telegiornali, a parte l’eventuale “notizia del giorno”, i numerosi servizi interni erano completamente differenti. Se un Tg parlava di A, F, H e P l’altro proponeva A, B, V e D. Questo comportamento era corretto sotto tutti i punti di vista. Le notizie che arrivano sono migliaia e quindi, a parte quelle veramente di interesse elevato, le altre dovrebbero venire selezionate in base all’importanza soggettiva data dalla redazione o dall’editore. Oggi, secondo quanto viene giornalmente dimostrato ascoltando Tg diversi, si capisce senza ombra di dubbio che “qualcuno” seleziona gli argomenti che tutti dovranno proporre alla plebe. A parte un commento in più o in meno determinato dal colore politico, riportano tutti le stesse notizie e molto spesso anche nello stesso ordine. Senza pudore!

Quando un certo tipo di informazione, anche con qualche variazione sostanziale, si ripete nel tempo continuando ad insinuare scenari non consueti, magari pieni di pericoli per tutti, dovrebbe essere normale chiedersi “Cui prodest?” A chi serve? Chi ci guadagna? Ora, facendo finta di dimenticarmi di Ebola e “Mucca pazza”, ricordo solo i casi più recenti. Nel 2002 scoppia il problema Antrace: il bacillo del carbonchio, che provoca la malattia mortale, diventa una minaccia globale. I media ed i governi diffondono in pochi mesi il panico in tutto il mondo. Chiunque, in qualunque momento, avrebbe potuto seminare la famosa 'polverina bianca' infetta provocando la morte di milioni di persone. Poi, ancora una volta, di colpo l'allarme cessa. Non succede niente di quanto paventato e, dopo un po', stranamente nessuno ne parla più e tutti dimenticano l'Antrace. L'unico vantaggio lo hanno le case farmaceutiche che guadagnano miliardi di dollari. Tra il 2003 e il 2004 l'attenzione si sposta sulla Sars. Ogni giorno, mille volte al giorno, sugli schermi televisivi e nelle fotografie su tutti i giornali vengono proposte immagini di persone protette da mascherine. La gente fa la coda nelle farmacie per il vaccino contro i pericoli che incombono sul genere umano. Poi, ancora una volta, di colpo l'allarme cessa. Non succede niente di quanto paventato e, dopo un po', nessuno ne parla più, tutti dimenticano la Sars. L'unico vantaggio lo hanno le case farmaceutiche che guadagnano miliardi di dollari. Nel 2005 non è più la Sars lo spauracchio, ma diventa un virus che alberga da secoli nell'organismo dei volatili: l'H5N1. Individuato in alcuni polli del Sud Est asiatico, si riconosce il nuovo nemico dell'umanità e il monito si diffonde massicciamente: "Attenti, è in arrivo una tremenda pandemia, a causarla sarà il virus dell'influenza aviaria, e quando arriverà farà sicuramente milioni di morti.” Ricordo benissimo la prima pagina della Nazione di Firenze: “In Italia ci saranno 200.000 morti”. Tutti i media furono concordi nell’affermare che il virus “arriverà attraverso la migrazione degli uccelli". Ma gli uccelli, se uno ricorda cosa ha studiato a scuola, migrano da Nord a Sud e viceversa, non mi sembra siano mai andati da Est a Ovest e viceversa! Chi disse questa cosa fece il finto cretino ma la gente, che invece cretina lo è, cadde nella disperazione più profonda. Poi, ancora una volta, di colpo l'allarme cessa. Non succede niente di quanto paventato e, dopo un po', nessuno ne parla più, tutti dimenticano l'aviaria. L'unico vantaggio lo hanno le case farmaceutiche che guadagnano miliardi di dollari. Non sono assolutamente preoccupato da queste "malattie" ma da una frase che si è ripetuta con una regolarità impressionante: “L’unico vantaggio lo hanno le case farmaceutiche che guadagnano miliardi di dollari”.

Il filone delle notizie martellanti annovera tra le proprie file quella attualissima sul terrorismo. Nonostante sia da tutti considerato un argomento che merita la massima attenzione, anche in questo caso, ho voluto ragionarci su e riflettere con il mio cervello. Mi sono chiesto: ma se un'organizzazione mondiale e senza scrupoli volesse terrorizzare una Nazione, come si dovrebbe comportare? Cosa dovrebbe fare? Eseguire eclatanti attentati in una grande metropoli quale effetto provoca sulla popolazione di quella Nazione? Dopo un attimo di smarrimento, sepolti i morti e passati due o tre giorni, ad eccezione di una piccolissima parte dei cittadini, al resto non "gliene può fregà de meno" e continuerebbero la loro vita normale. Adesso faccio un esperimento e, per un attimo, cerco di pensare in grande e mi immedesimo in un "farabutto" mondiale che vuole, per esempio, terrorizzare l'Italia. Anche se non sono un esperto di questo tipo di lavoro saprei agire molto più intelligentemente ed efficacemente di quanto fatto fino ad oggi dai “cattivi” terroristi televisivi. Avendo a disposizione un numero quasi illimitato di "esplosioni umane", ogni giorno e per molti giorni, userei sequenzialmente un ordigno: giorno 1) in un piccolo supermercato di Forlì; giorno 2) dentro un bar di Caltanissetta; giorno 3) durante la sagra popolare del paese di Barga; giorno 4) dentro la farmacia Comunale di Lodi; giorno 5) dentro una discoteca di Urbino; e così via. La domanda sorge spontanea. Al giorno 30 oppure 60 o 90, cioè dopo 30, 60 e 90 “esplosioni” con conseguenti piccole stragi in luoghi assolutamente anonimi, chi si sentirebbe più al sicuro? Chi uscirebbe di casa tranquillo? In quanti giorni il popolo Italiano sarebbe a terra e terrorizzato? Cosa potrebbero fare le forze dell'Ordine? Ecco perché, continua a sembrarmi tutto molto strano, specialmente dopo il famoso 11 settembre 2001.

Prima di tutto però, devo chiarire un paio di cosette. Io sono filoamericano almeno al 51% perché non posso e non voglio dimenticare che, senza il loro intervento, saremmo diventati tutti fascisti o comunisti e, delle due possibilità, non saprei quale sarebbe stata la peggiore. La seconda cosa che deve essere chiara è che non mi sono mai schierato, né ho condiviso le affermazioni di quei gruppi che hanno dichiarato di sapere perfettamente cosa sia successo, chi abbia architettato tutto e quali motivazioni stiano dietro a questo atto. Io non ho prove a favore di una seconda verità, non so niente né, molto probabilmente, arriverò mai a sapere cosa realmente sia avvenuto. Nei mesi seguenti quel settembre, con calma e a mente fredda, ho preso in considerazione i fatti visti e conosciuti da tutti, ho poi aggiunto alcune conoscenze personali e un po’ di capacità deduttiva ed ho lasciato che la mia mente elaborasse, con la massima serenità possibile, il tutto. Sono stati sufficienti pochi secondi per ottenere la risposta sulla quale, oggi più che mai, sarei pronto a scommettere tutto quanto fossi in grado di perdere. La mia mente, che stimo tantissimo, mi ha “urlato” che le cose non possono essere andate come ci hanno raccontato e voluto far credere. Dal mio punto di vista, coloro che credono ancora alla versione ufficiale del Governo Americano rientrano nella categoria di persone non in grado di riflettere. Punto e basta.

Effettivamente siamo circondati da “stranezze” ed una di quelle che proprio non riesco a mandare giù è un particolare comportamento della Giustizia nel caso di un omicidio. Le motivazioni di un delitto sono molte ma io voglio ragionare solo su questi due esempi i quali, se ci pensiamo bene, rappresentano la stragrande maggioranza dei casi conosciuti. Nella prima ipotesi la signora Giovanna decide di uccidere il marito, pianifica quindi l'omicidio e lo esegue freddamente. Nella seconda ipotesi la signora Antonia, durante una accesa discussione, colta da "raptus" estrae un coltello da un cassetto ed uccide il proprio marito. Al processo le condanne saranno molto diverse nel senso che nel secondo caso, con l'intervento chiarificatore (!?) dello psichiatra o dello psicologo di turno, considerata la momentanea perdita della "capacità di intendere e volere" la Legge deve prevede un discreto alleggerimento della pena. Da sempre, quando devo valutare il mio grado di "filling" con una persona mi chiedo se, da soli in macchina, ci farei un viaggio di due o trecento chilometri. In questo caso a fronte di un obbligo, non conoscendo personalmente queste due donne dovrei ragionare solo sull'affidabilità e quindi non avrei dubbi: viaggerei con Giovanna. Lei voleva uccidere suo marito ed io non lo sono, quindi mi sentirei abbastanza tranquillo. Non posso dire lo stesso di Antonia che ha ucciso in un momento di "raptus" ed io come potrei essere sicuro che, durante una banale discussione con me, non abbia una "ricaduta"? Cioè proprio non riesco a capire come un "raptus" e l'ormai inflazionata perdita della "capacità di intendere e volere" venga considerata così diversa e, addirittura, meno condannabile di una premeditazione la quale, in fondo, è molto meno pericolosa per la società. Ormai da molti anni, mi sembra che la giustizia “spettacolarizzata” sia diventata anch’essa un’arte per indurre la gente ad accettare ipotesi e teoremi portati avanti da gruppi istituzionali di celebrolesi.

A proposito, cos’è l’arte? Chi può essere definito artista? Secondo il mio pensiero un artista è colui che fa cose talmente belle che gli altri non sono in grado di fare. Oggi si parla tanto di “arte moderna” e questi “artisti”, appoggiati da critici e media, ci vengono a mostrare le loro “splendide” opere. Per evitare di trarre conclusioni affrettate su cose che non avevo visto ho voluto e avuto la possibilità di visitare alcuni musei di arte moderna sia in Italia che all’estero, New York e Parigi compresi. Ma stiamo scherzando? Come si fa a definire arte quelle cose lì? Una parete metà nera e metà rossa, un pianoforte a pezzi, una montagna di sedie incollate una sull’altra, oppure una cosa rotondetta ed informe battezzata “la Venere”. Alcuni “sapientoni” sostengono che questi “artisti” precorrono i tempi, cioè riescono a fare oggi quello che altri saranno in grado di fare domani. Che si parli di arte o di politica o di qualsiasi altra cosa, il punto è sempre il solito. Mio cognato sostiene che il 97% delle persone che conosce sono coglioni. Io sono molto più ottimista. Diciamo l’80%. Ecco svelato l’arcano. Ecco perché il mondo va così. Ecco perché una affermazione dei media del tipo “Signori, questa è arte pura” fa immediatamente scattare nei greggi la risposta celebrale “Si, si, si. Mamma mio come è bello! Che spettacolo! Questa è proprio arte moderna”. Eppure, da che mondo è mondo, l’arte è il sentimento che un artista esprime attraverso la sua opera e che attraverso essa giunge alle persone. L'artista è colui che, nel suo mestiere, sa fare qualcosa meglio degli altri per cui, proprio per la bellezza oggettiva dell’opera, stimola forti emozioni. Quando alcune “opere” dimostrano incontestabile incapacità di trasmettere emozioni, non devono essere attribuite ad un artista ma, casomai, ad un artigiano. Comunque, essendo in democrazia, qualche “non riflettente” può tranquillamente continuare a definire arte questi prodotti di artigiani ma, allo stesso tempo, io posso pensarla diversamente. Viva la democrazia!

Già, la democrazia. Il termine democrazia deriva dal greco “demos” (popolo) e “cratos” (potere) e cioè significa potere del popolo. In Italia siamo circa 60 milioni e quindi, in presenza di un regime democratico, sappiamo che la maggioranza vince. Ora facciamo un esempio semplice semplice. In un condominio ci sono 60 persone le quali, con una regolare votazione, hanno nominato i loro Amministratori. Questi a loro volta decidono che per migliorare l’aspetto dell’edificio tutti gli infissi dovranno essere dello stesso colore e cioè dovranno essere dipinti di verde. A questo punto una piccola minoranza composta da 3 persone protesta e si oppone vivacemente e rumorosamente alla messa in atto di una scelta frutto di un normale percorso democratico. Gli Amministratori, preso atto dell’opposizione, decidono di soprassedere alla tinteggiatura facendo si che quelle 57 persone rimaste in silenzio, e probabilmente tutte concordi nel procedere come stabilito, divengano, nei fatti, una minoranza. Allo stesso modo accade la solita prepotenza quando qualcuno riesce a portare in piazza tre o quattro milioni di persone per impedire qualcosa scelto e voluto a livello centrale da responsabili eletti democraticamente. Troppo spesso in Italia una piccolissima percentuale di persone dispone di un potere che non ha niente di democratico. Siamo quindi da anni in un regime di “agorazia” dal greco “agorà” (piazza) e “cratos” (potere). Altre cose mi fanno pensare che la democrazia occidentale non sia basata sulla massima correttezza. Mi spiego meglio. In parole povere e non proprio corrette funziona così: il popolo va a votare e chi prende più voti ha vinto. Ogni voto conta 1. Ecco il punto. A meno che non si dia il voto per ideologia o per convinzioni incancrenite che escludono a priori qualsiasi confronto o ragionamento, per votare con consapevolezza bisogna avere una certa conoscenza della storia, dei partiti, delle ideologie, dei programmi e delle persone che vorrebbero rappresentarci. Se un 50% vota sempre nello stesso modo l’altro 50%, per prendere decisioni così importanti dovrebbe essere dotato di un certo grado o livello culturale che gli consentisse di effettuare un ragionamento il più possibile oggettivo e basato su fatti concreti e non su menzogne. In conclusione, essendo convinto che in Italia almeno l’80% delle persone non sia culturalmente molto preparata, i voti presi da un partito qualsiasi possono essere così suddivisi: 50% dagli irremovibili, 40% da celebrolesi ed un 10% da ragionanti. In Italia vince quasi sempre il partito che riesce a convincere più imbecilli.

Quando penso agli imbecilli, non so perché, ma mi vengono in mente alcuni intelligentoni degli anni sessanta. Appoggiandosi sul "politicamente corretto", un inutile perbenismo trova terreno fertile. E' tutto un festoso ribattezzare la meravigliosa lingua Italiana e chissà chi, sentenzia che: non si deve dire più cieco ma non vedente, non si deve dire più sordo ma non udente, non si deve dire più disabile ma diversamente abile eccetera eccetera. Agli "inventori" sembrò molto bello, molto giusto e molto democratico. Queste parole venivano normalmente usate senza che nessuno si offendesse poi, all'improvviso, qualcuno un giorno si é svegliato ed ha detto la sua e tutti gli altri lo hanno lasciato fare. A me sembra che nel ricercare espressioni "ovattate" si ottenga il risultato opposto, ponendo l'accento proprio su ciò che la menomazione non permette di fare. Con la stessa fantasia lessicale lo spazzino diventa operatore ecologico, il muratore è un operatore tecnico, la cameriera una collaboratrice familiare ed il militare (udite, udite) un operatore di pace! Sfidare la verità delle parole significa mentire a se stessi e agli altri. Purtroppo alcune "categorie" sono state dimenticate e presto scenderanno in piazza a difendere il diritto all'ipocrisia: i nani dovrebbero essere chiamati “diversamente alti”, i matti saranno i “non ragionanti” e gli storpi, “diversamente dritti”. Fortuna che Hemingway non era Italiano sennò avrebbe scritto "Quello della terza età e il mare".

Negli anni immediatamente seguenti, i media iniziarono un’altra campagna “informativa” della quale non mi interessò niente fino a quando non fui costretto a pensare a quello che ci veniva detto e ridetto in tutte le salse. Tutto nacque quando una sera di molti anni fa, durante il Maurizio Costanzo Show, il conduttore guardando dritto nella telecamera affermò categoricamente che “gli omosessuali sono perfettamente normali e uguali a te!”. A me!? In tutti i dizionari della lingua Italiana, l'aggettivo “normale” sta ad indicare la mancanza di fattori eccezionali e cioè l’assenza di qualcosa che si trova solo in una minoranza di casi. Non ho mai ritenuto che avere la mente di un sesso ed i corpo di quello opposto possa essere considerata una deviazione sessuale né un comportamento contronatura. Non li critico né li giudico ma li accetto esattamente come il resto di tutto il Creato. L’unico problema è pertanto del tutto particolare e personale in quanto non riesco, invece, ad accettare l’imposizione dell’aggettivo “normale” a casi che oggettivamente non lo sono. Dagli ultimi studi, gli omosessuali pare siano il 4% della popolazione mondiale. Complessivamente 200 milioni di persone, perfettamente uguali agli altri 5 miliardi e mezzo, salvo che per le preferenze sessuali. L’apparato sessuale degli esseri umani è progettato e realizzato affinché, con più o meno apprezzamento e partecipazione, si possano generare altri esseri umani. Coloro che ne limitano l’utilizzo restringendolo esclusivamente alla soddisfazione eterosessuale oppure omosessuale escono, rispettivamente per scelta e per natura, dal disegno originale e primario della Vita. Le scelte frutto del ragionamento e dell’intelletto possono essere cambiate ma, almeno per ora, l’anomalia genetica resta tutta la vita. So perfettamente che ai tempi della Magna Grecia era normalissimo avere rapporti intimi con persone dello stesso sesso, ma duemila anni dopo credo che, allo stesso modo, nessuno si azzarderebbe a dire che è "normale" un essere umano che vada, da una città all’altra, in sella ad un cavallo! Comunque una cosa che nessuno dice è che, ai tempi della grande Roma, l'omosessualità dei personaggi importanti o pubblici era accettata solo se eri "attivo" perchè se ti beccavano con qualcosa nel culo diventavi per sempre un rifiuto della società (addirittura perdevi il diritto al voto!). Oggi nessun omosessuale perde il diritto al voto e quindi si dovrebbe cessare di paragonare la nostra società con quella di duemila anni fa. Gli omosessuali non hanno bisogno di pubblicità “creativa” frutto di una improvvisa emergenza informativa.

“E’ emergenza”: un’affermazione tipicamente Italiana ed ormai inflazionata al punto che le quasi quotidiane “emergenze” che i media ci riversano addosso non fanno più alcun effetto sulla popolazione. Per quanto mi riguarda considero “emergenza” un problema derivato da un evento assolutamente imprevedibile come, ad esempio, un cataclisma, un’epidemia o comunque un qualcosa che nasce naturalmente e senza alcuna possibilità umana di intervenire in maniera preventiva. La prevenzione è l'insieme di azioni finalizzate ad impedire o ridurre il verificarsi di eventi devastanti e non desiderati. Solo la mancanza di prevenzione è perciò la causa di molti malanni nazionali. Quindi, siccome l’unico potere che ha la responsabilità della prevenzione delle “emergenze” è quello istituzionale, ogni emergenza dovrebbe dare luogo all’immediato allontanamento e interdizione dai pubblici uffici di tutti quei personaggi politici comunque coinvolti che devono essere considerati solidamente responsabili avendo tutti dimostrato, nei fatti, incapacità a ricoprire ruoli di responsabilità pubblica. Per la precisione, dipendesse da me, prima dell’allontanamento li terrei tutti qualche tempo nelle Patrie Galere affinché avessero modo di riflettere meglio sulla loro presunzione magari discutendo, dentro la cella, con quelli rimasti ancora in vita e che sono stati gli artefici del disastro economico perpetrato negli anni ’80. Quanti bugiardi!

Chi ha mangiato la marmellata? Tutti i bambini, chi più e chi meno, hanno raccontato balle. La bugia, piccola o grande, semplice o complessa, locale o mondiale ha un unico scopo: modificare la verità per trarne vantaggi. Quando non esistevano i giornali era compito dei cortigiani distribuire le notizie che, di bocca in bocca, si diffondevano alla plebe plasmandola secondo i desiderata del Signorotto di turno. Cioè il potere. Oggi, allo stesso modo, è sufficiente leggere giornali diversi o vedere Tg diversi (cioè il potere) per apprendere cause e motivazioni totalmente differenti, ma a volte mica tanto, di uno stesso evento. Qual è la verità? Certo non si può dubitare di tutto e di tutti però, quando si tratta di eventi di grande risonanza e interesse mondiale, ricordando che dietro tutto c’è sempre il potere (cioè i "farabutti"), non è sbagliato cercare di documentarsi meglio. A meno di non chiudere il proprio cervello e vivere una vita di “appartenenza”, almeno ogni tanto ad un uomo normale dovrebbe nascere un dubbio! Internet, visto come contropotere, ha peggiorato la situazione di coloro che, come me, a volte erano già un pò scettici. Più mi documento più sono certo che la storia, tutta la nostra storia, andrebbe riscritta o modificata in un numero non indifferente di casi. Dal mistero delle Piramidi ai Vangeli, dall'impero Romano alla Rivoluzione Francese e dalle guerre "mondiali" agli attacchi terroristici ci hanno sempre raccontato le "loro" verità. Probabilmente anche in merito allo sbarco sulla Luna!

Forse dovremmo cominciare a vedere la storia, tutta la storia del mondo e dell’umanità, come una lunga serie di notizie soggettive tramandate, raccontate o scritte dai più potenti con l’umana esigenza di autolegittimarsi. Personalmente, quando ero bambino, ho subito una delle più grandi mistificazioni storiche attraverso la visione di un quantitativo industriale di film e giornaletti che raccontavano le vicende delle innumerevoli ingiustizie compiute dal cattivo indiano d’America, ai danni del buon uomo bianco. Sono occorsi molti decenni affinché l’opinione pubblica fosse portata a conoscenza della verità, la quale, guarda caso, era esattamente il contrario di quanto, ingenuamente, abbiamo creduto per anni. Anche in presenza di documenti scritti o supportati da immagini, se la notizia ci interessa veramente, dobbiamo sempre evitare di avere la certezza assoluta che le cose siano andate esattamente come ci hanno raccontato. Questo non significa che non si debba più credere a niente ma, se esistono evidenti indizi contrari, la nostra mente dovrebbe generare un piccolo dubbio il quale, confortato dal fatto che ormai sappiamo che spesso la verità non è di questo mondo, dovremmo documentarci meglio e, proprio con l’uso della rete, leggere anche altre fonti. Solo dopo questo secondo livello informativo ognuno di noi sarà libero di credere o non credere alla versione ufficiale badando bene però di non estremizzare sempre e comunque. Internet è una immensa fonte di notizie scritte da esseri umani e quindi riporta sempre una verità soggettiva, personale ed individuale e quindi non “super partes” rispetto all’evento oggettivo che descrive.

Da parecchi anni, da quando è disponibile l’informazione globalizzata e quasi in tempo reale, il potere non può più mentire sui fatti e allora, la menzogna o la mezza verità, viene utilizzata nella spiegazione delle cause che hanno provocato l’evento stesso oppure, come in parecchi casi scoperti e ben documentati, “qualcuno” genera l’evento che si desidera accada e dopo vengono diffuse le verità del caso. E' il più vecchio trucco del mondo, risalente al tempo dei romani, creare i nemici dei quali si ha bisogno. Gli esempi ormai conosciuti, riconosciuti e confessati sono tantissimi. A questo punto nasce spontanea una domanda: ma come è possibile che chi organizza questi “eventi” sia così stupido da lasciarsi dietro tante incongruenze, indizi e prove contrarie? La domanda è legittima, ma ingenua. Le incongruenze sono evidenti, ma le conosceranno in pochi. Quello che passa, e che resta nella mente della gente normale (non riflettente), è sempre la versione ufficiale. Chi organizza queste cose non è affatto stupido: conosce il funzionamento e la potenza dei media meglio di chiunque, oltre alla grande sicurezza dell’obbedienza mentale del gregge, scusate, del popolo.

Riporto solo uno dei mille esempi di manipolazione delle menti disponibili a tutti coloro che volessero documentarsi un po’ meglio. Questa vicenda s'inquadra peraltro in una lunga tradizione di menzogne di stato, che costellano la storia degli Stati Uniti ma non solo di loro. Una delle più sinistre è quella della corazzata americana Maine, la cui distruzione, avvenuta nella baia de L'Avana nel 1898, servì da pretesto all'entrata in guerra degli Stati uniti contro la Spagna e alla conseguente annessione di Cuba, di Porto Rico, delle Filippine e dell'Isola di Guam. La sera del 15 febbraio 1898, verso le 21.40, la Maine fu in effetti distrutta da una violenta esplosione. La nave s'inabissò nella rada de L'Avana, e 260 uomini perirono. Immediatamente, la stampa popolare incolpò gli spagnoli di aver collocato una mina sotto la sua chiglia, accusandoli di atti di barbarie e reclamando vendetta. Tutti gli altri giornali lo seguirono a ruota. La diffusione del New York Journal passò di colpo da 30.000 a 400.000 copie, per poi superare regolarmente il milione di copie! L'opinione pubblica, a causa di quella “notizia” ufficiale, era arroventata al calor bianco. L'atmosfera divenne allucinante. Il 25 aprile 1898 il presidente degli Stati Uniti, assillato da ogni parte, dichiarò guerra a Madrid. Tredici anni dopo, nel 1911, una Commissione governativa d'inchiesta sulla sciagura della Maine concluse rapidamente le proprie indagini affermando, prove alla mano, che non era esplosa alcuna mina, ma si era trattato di un'esplosione verificatasi per cause sconosciute (?!) nella sala macchine della corazzata americana! Qualunque reazione ha il dovere della prova e, almeno per me, una notizia “ufficiale” non è sufficiente a chiarire le cose, specialmente quando la reazione è di Golia e la “provocazione” di Davide.

Non so se abbiamo toccato il fondo certo è che, in questo mare di merda, siamo abbastanza profondi. Ormai le possibilità che in Italia cambi qualcosa di veramente importante sono legate al cammino dell’Europa. L’Euro dovrebbe essere stato solo il primo passo verso una unità di Leggi e di Politiche veramente comuni. Non so quanto tempo ci vorrà ma sono certo che, prima o poi, accadrà. Forse i figli dei miei nipoti riusciranno a vivere in un paese normale dove chi sbaglia paga anche se a commettere errore fossero i Magistrati. Dove i delinquenti, indipendentemente dal cognome importante, staranno in galera. Dove le galere saranno galere e non pensionati. Dove i politici saranno persone degne di rappresentarci e non quello schifo che sono ora. Dove l’informazione non sarà controllata e deviata. Dove la meritocrazia, e non l’appartenenza politica, sarà la base utilizzata per la scelta dei manager. Dove la scuola, dimenticati da anni i sessantottini, ricomincerà ad insegnare. Dove i figli avranno rispetto dei genitori perché loro sapranno educare e farsi rispettare. Dove la legalità sarà la norma e non l’eccezione. Dove i ragazzi, per divertirsi, riutilizzeranno quella fantasia che hanno perduto. Dove il petrolio sarà solo una parola che ricorda un passato di ricatti. Dove, dopo una vita di lavoro, non si debba imparare sulla propria pelle il significato della parole “rinuncia”. Dove, in ultimo, si comincerà ad agire rispettando un solo "comandamento": non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.