Politica e politici

La politica, secondo me, deve essere intesa come tutte quelle attività decisionali che abbiano lo scopo di gestire nel miglior modo possibile la cosa comune affinchè tutta la popolazione ne possa trarre vantaggi. Il lavoro, la sanità, la giustizia, l'istruzione, la ricerca, la famiglia, le infrastrutture ed i trasporti sono, insieme ad altre, priorità generalizzate in quanto indispensabili alla crescita sociale e civile. Lo sviluppo di una società dipende quindi dalle scelte politiche. Scegliere significa decidere, tra più soluzioni possibili, quale sia la migliore rispetto al problema che si desidera risolvere. Su queste affermazioni non credo che ci possa essere niente di sostanziale da eccepire.

Con questa premessa sembra logico aspettarsi che chi fa politica debba essere un altruista puro, una persona che antepone il bene degli altri al proprio, a quello del suo partito e a quello degli elettori siano essi a lui favorevoli o contrari. Il vero politico dovrebbe quindi essere non molto dissimile da un missionario il quale, attraverso una illuminazione divina, si sente obbligato a rispondere ad una chiamata. La sua vita sembra decisa da altri e il suo unico obiettivo non potrà che essere la totale dedizione al bene del prossimo. Gesù, come primo missionario della storia contemporanea, provò per tutta la sua vita a cercare di cambiare qualcosa, tentò di insegnare la giustizia, si sforzò a diffondere l'uguaglianza, parlò e discusse con il popolo e con i potenti. Non si fece intimidire da nessuno, non ebbe paura delle organizzazioni costituite, non cercò consensi, non accettò compromessi e disse sempre pane al pane e vino al vino. Ovviamente, appena possibile, fu eliminato.

In troppi casi il politico conosce bene questo insegnamento. Sa bene che se vuole restare dove è arrivato deve avere rispetto delle organizzazioni costituite, deve accettare compromessi con poteri storici, deve mantenere buoni rapporti con poteri occulti, deve dire spesso quello che non pensa, deve far finta di non vedere quello che è sotto i suoi occhi, deve affermare di non sapere quello che tutti sanno, deve riuscire a convincere il popolo che il nero è bianco ed il bianco è nero e, all'occorrenza, deve mentire sapendo di mentire. A queste perle comportamentali, da qualche anno, sia a destra che a sinistra, si sono sviluppate anche tendenze aggressive nei confronti degli avversari politici, demonizzazioni e offese di tutti i generi. Se il Dio che ci hanno descritto, se il Padre con la barba bianca che ci hanno raffigurato come protettore di tutta l'umanità ci osservasse veramente, da molto tempo avrebbe dovuto usare i suoi fulmini!

Adesso, lasciando perdere inutili speranze bibliche, ragioniamo un attimo sulla parola democrazia. Il termine deriva dal greco “demos” che significa “popolo” e “cratos” cioè “potere” per cui, etimologicamente parlando, la democrazia dovrebbe essere il “potere del popolo”. I Greci, cioè gli attuatori di questo tipo di società, quando dovevano decidere qualcosa di importante per la loro gente, si riunivano nell'agorà e cioè nella piazza più grande e più importante della città. Ognuno poteva esprimere il proprio convincimento, discutevano e forse litigavano ma, prima o poi, era la piazza stessa a fornire la risposta al problema. Quando il popolo di quella città, a maggioranza, aveva chiaramente deciso il da farsi, la discussione era terminata e il volere della maggioranza veniva portato avanti. Quello che accadeva nell'agorà Greca non era dissimile da ciò che i Romani facevano nel “Forum” dove, più o meno, avvenivano le stesse discussioni e venivano prese quelle decisioni popolari che il Senato non poteva ignorare.

Al giorno d'oggi, essendo oggettivamente impossibile procedere come avveniva nella grandi civiltà passate, la nostra democrazia si basa su un Parlamento che contiene i rappresentati dei partiti politici che hanno ottenuto più voti. Il parlamento è quindi la nostra “Agorà”, il nostro “Forum”, un posto dove il cittadino, tramite il proprio voto, ha chiaramente indicato quale debba essere il programma di governo che lui condivide e appoggia. A prima vista sembra quindi che non ci siano grosse differenze tra l'organizzazione decisionale dei Greci, quella dei Romani e quella della nostra società. Invece, purtroppo o fortunatamente, adesso è necessaria una condizione che i Greci ed i Romani non conoscevano: il rispetto delle minoranze. Tutto quello che è giusto e corretto per me, potrebbe non esserlo affatto per te, e se invece di confrontarci in due fossimo in quattro, probabilmente otterremmo più di due posizioni diverse. Espandendo il confronto ad un popolo e mantenendo il rispetto delle minoranze, una scelta, una qualsiasi decisione importante per un popolo, ha veramente poche speranze di essere condivisa da tutti.

Quanto detto fino ad ora rende assolutamente chiara la motivazione per la quale la politica, ben difficilmente, produce scelte rapide ed efficaci. Non è vero che “la maggioranza vince” perchè è troppo alta la paura di inimicarsi le minoranze e perdere il consenso. Un governo che, legittimamente eletto come rappresentante della maggioranza del paese, decide ed effettua scelte non condivise dalla minoranza viene accusato di attuare la cosidetta “dittatura della maggioranza” mentre, per come intendo io la democrazia, non farebbe altro che il proprio dovere specialmente se porta avanti quanto dichiarato nel suo programma di governo. Da molto tempo sono quindi arrivato alla convinzione che le molte riforme di cui avremmo bisogno e, in generale, le importanti decisioni politiche, non potendo non prescindere dal rispetto delle minoranze dissenzienti, per non scontentare pochi, si preferisce, sempre e comunque, a destra e a sinistra, scontentare tutti aumentando continuamente la conflittualità.

Non dobbiamo sottovalutare il fatto che la grande conflittualità comunale, provinciale e regionale, concausa di base dell’immobilismo anche a livello nazionale, trae le proprie origini dalla storia Italiana la quale è ben diversa da quella degli Stati a noi vicini come la Spagna, la Francia, l’Inghilterra e la Germania. Quando in Europa nascevano i primi grandi Stati, noi eravamo ancora divisi e smembrati in Ducati, Marchesati, Contee, piccoli Stati e Repubbliche che, alla costante ricerca di una indipendenza politica ed economica locale, hanno ritardato l’avvio di una coscienza nazionale la quale, al contrario, può nascere e svilupparsi solo in presenza di un grande Stato. Ricordo perfettamente, dopo il famoso "attentato" al cuore di New York, la gente cosmopolita di quella città, riunita intorno alle immense macerie che gridava all'unisono: "U.S.A. - U.S.A....". Trasportiamo per un attimo una situazione simile qui da noi. Riuscite ad immaginare la nostra piazza che grida "Italia, Italia..." oppure pensate che ci sarebbero tafferugli, scontri con la Polizia, negozi devastati e auto date alle fiamme? Massimo D’Azeglio diceva: “l’Italia è fatta, ora facciamo gli italiani”. Era nato uno Stato, con le sue istituzioni, ora bisognava creare gli italiani, dare loro una lingua, una coscienza nazionale e un sentimento comuni. Sarebbe follia pensare che qualche secolo di ritardo sulle grandi democrazie Europee possa essere recuperato in poche legislature, quindi credo che, per l’Italia, la parola Stato non sia ancora sinonimo di Nazione.

Comunque, per gestire dieci, diecimila o dieci milioni di persone è necessaria la forza. Una volta, per essere un capo, si doveva dimostrare una forza fisica superiore agli altri, ma oggi, questo tipo di predominio è stato sostituito dalla supremazia verbale e cioè l’arte di convincere supportata dal carisma il quale, come i muscoli ed il coraggio, o ce l’hai o non ce l’hai. Conosco quattro tipi di politici: il primo è quello che ha la capacità ed il carisma sufficienti per essere un leader, il secondo è quello che vorrebbe essere come il primo ma, nonostante tutto il suo impegno, non lo sarà mai e quindi vivrà sempre all’ombra di qualcun altro, mentre il terzo, quello assolutamente più numeroso, è il perfetto sconosciuto il quale, anche dopo trenta anni di presenza nel parlamento, nessuno conosce il suo nome, le sue idee né, tanto meno, cosa abbia mai fatto per meritarsi un tale riconoscimento. Il quarto tipo di politico si trova in quel ristretto gruppo di persone che basando il proprio lavoro sull’onestà, sulla incorruttibilità e sul desiderio di una giustizia migliore, difficilmente potrà mai raggiungere le stanze dei bottoni e resterà per sempre confinato in una piccola stanza ai limiti del vero potere. Con l'attuale situazione è veramente difficile, se non quasi impossibile, riuscire ad essere un politico onesto. Vorrei tanto che le cose cambiassero secondo giustizia ma se per un attimo, un solo attimo, mi immagino “onorevole” tra gli onorevoli, credo che diverrei non troppo dissimile da loro ed è facile capire il perchè.

Se mensilmente avessi, pagando solo il 17% di tasse, uno stipendio di 5 mila euro, un rimborso di 6 mila euro per contributi e tasse(?), 3 mila euro per il mio portaborse (parente o amico), 4 mila euro per l'affitto, 4 mila euro per il rapporto eletto-elettori(?!), se avessi un rimborso esagerato per le spese di viaggio che non devo mai dimostrare, se non pagassi il cellulare, se avessi l'ingresso gratuito nella tribuna d'onore degli stadi, se non pagassi il cinema, il teatro, l'autobus, il treno, la nave e l'aereo, se potessi circolare gratuitamente sulle autostrade, se potessi sfruttare gratuitamente un corso di lingua straniera, se avessi l'ingresso libero a piscine e palestre, se avessi a mia disposizione un parrucchiere, se potessi ricoverarmi gratuitamente in una clinica a mia scelta, se mi rimborsassero tutte le spese mediche e dentistiche (anche all'eventuale amante con la quale sto da almeno due anni), se avessi gratuitamente sia l'assicurazione infortuni che quella in caso di morte, se mi garantissero l'auto blu con autista, se potessi andare gratuitamente al ristorante e se acquisissi il diritto ad una lauta pensione dopo 35 mesi (non anni!) in parlamento, se potessi cumulare questi introiti con qualsiasi altra attività remunerata senza pagare tasse aggiuntive, se potessi sistemare a vita moglie, figlie, nipoti e amici come mi pare e dove mi pare..... sarei in grado di rifiutare?

Sono sincero: tutti abbiamo un prezzo, io non so il vostro ma il mio sarebbe esattamente quello di un onorevole!