Professione pensionato | Precedente |
Che fortuna che ho avuto! I primi anni del mio lavoro sono paragonabili alla conquista dell'ovest americano. Carovane di giovani e meno giovani si impossessarono delle nuove conoscenze e partirono alla ricerca dell'oro. Molti abbandonarono lungo il difficile viaggio verso la terra promessa ma quelli che restarono in piedi si trovarono ad essere gli unici a possedere le conoscenze per far funzionare i Computer in ogni settore della vita Italiana. Saranno proprio quei ragazzi che, con le loro idee ed i loro programmi, guideranno la vera nuova rivoluzione culturale. Una generazione giovane e appassionata mise in crisi profonda quella adulta e dominante. In pochi decine di anni, senza spargimento di sangue, fu spazzata via la presunzione che per "essere importante" occorrevano anni e anni di esperienze (equivalenti agli anni di servizio!?). Affermazioni che servirono poco, quando in molti uffici attaccarono la spina di quell'infernale macchina che non faceva nulla se tu non eri capace di fargli fare qualcosa. Considerata sia la tipologia del lavoro sia l’ambiente nel quale lo esercitavo, la mia attività non faceva certamente parte della categoria dei lavori usuranti. Il fatto poi di averla sempre vissuta non come un lavoro ma come il migliore dei miei hobby, l’andare in pensione non era di certo il sogno di tutte le notti. Nel mio ambiente sono sempre stato considerato “uno bravo” e sicuramente, nei primi venti, venticinque anni, ho avuto una marcia in più degli altri. Negli ultimi dieci, in tutta sincerità, avendo mantenuto rapporti professionali con mezza Italia e conoscendo quindi di persona un sacco di “colleghi”, ho avuto spesso la sensazione che “in assoluto” non valevo più quanto si diceva in giro. L’unico evidente vantaggio che è stato forse decisivo nel giudizio che si erano fatti di me, è stata la mia la fantasia “professionale” che mi ha permesso una creatività che per molti appariva sorprendente. Già nel 2003 ero arrivato, sia dal punto di vista anagrafico che contributivo, di fronte alla scelta se andare volontariamente in pensione di anzianità oppure attendere ancora qualche anno, magari fino a raggiungere il limite massimo possibile per l’obbligatoria pensione di vecchiaia. A parte il fatto che già da un po’ di tempo pensavo che “lavorare per vivere” fosse più corretto che “vivere per lavorare”, la decisione doveva scaturire da valide considerazioni oggettive. L’azienda stava cambiando. La prospettiva quotidiana sarebbe stata circoscritta allo stretto mantenimento di un servizio senza apertura ad innovazioni. L’informatizzazione aveva raggiunto un livello così capillare che, anche con tutto l’impegno possibile, era veramente difficile trovare spazi dove dare libero sfogo alla fantasia. Non avevo più alcun interesse a vivere un futuro professionale che ridimensionava pesantemente, nella forma e nella sostanza, tanti anni di lavoro minimizzando quella creatività che era ed è parte di me. Non ultimo, dal punto di vista familiare, la situazione mi permetteva di accettare la differenza economica svantaggiosa tra lo stipendio e la corrispondente pensione soprattutto perché, grazie ad una profonda revisione contrattuale avvenuta da pochi mesi, si era presentata una opportunità che avrebbe prodotto, solo per poco, un calcolo pensionistico molto più favorevole del previsto. Rinviare sarebbe stato un errore. Nel gennaio 2004 ho ufficializzato la mia scelta e il 1° luglio dello stesso anno ho iniziato la professione di pensionato. All’inizio della “gioventù della vecchiaia” avevo prospettive basate solo su poche “negazioni”. Sapevo cioè cosa non avrei fatto. Non avrei accettato alcun tipo di lavoro full-time, part-time o occasionale. Non mi sarei rinchiuso in casa. Non avrei cercato, costi quel che costi, di trovare qualcosa per passare il tempo. Non avrei più fatto programmi a lunga scadenza. Comunque, nei limiti del possibile, dedicherò più tempo alla lettura, mi siederò spesso davanti al mio PC, cercherò di essere un nonno disponibile, mi piacerà conoscere luoghi e persone, recupererò antichi hobby e coltiverò al meglio vecchie e nuove amicizie. Vedremo. Con l'esperienza acquisita in tanti anni credo di poter dare alcuni consigli che ritengo applicabili in molte professioni #1 Utilizzare post-it o foglietti per gli appunti può essere comodo ma sconsigliabile. Un block notes o un quaderno di grande formato non viene mai perso ed essendo l'unico supporto utilizzato per appunti di ogni genere, consente di recuperare sempre le informazioni ricercate anche se vecchie. #2 Quando si deve valutare l'utilità di qualcosa o di un documento, bisogna chiedersi quali danni deriverebbero dalla sua perdita o mancanza. Se la risposta è "nessuno", è inutile archiviare o mettere da parte, bisogna gettare via senza esitazione. #3 Quando si archivia qualcosa non bisogna chiedersi "dove la devo mettere?" bensì "dove la cercherei?". Mettere via è facile, ritrovare è spesso comlicatissimo. #4 Un lavoro complesso si deve segmentare in più lavori semplici e farsi una tabella di marcia. A fine giornata, guardando cosa avete concluso, sarete più soddisfatti piuttosto che tormentarvi per quello che resta da fare. #5 Quando siete davanti ad un bivio decisionale, pensate a cosa consigliereste all'amico più caro. E' più facile risolvere i problemi degli altri che i propri. #6 Calcolate sempre il tempo che ritenete corretto per terminare un grosso lavoro, poi raddoppiatelo. Terrete così conto di tutti gli imprevisti ed eventualmente, se lo terminerete in anticipo, farete sempre un'ottima figura. #7 Quando ricevete una telefonata in un momento inopportuno, dite subito che desiderate parlare con chi vi ha chiamato e chiedete qual'è il momento migliore per richiamare. E' un sistema elegante e cortese per gestire il vostro tempo. #8 Appena avete finito di dare un incarico a qualcuno, fatevi ripetere quanto avete detto. Perderete meno tempo per risolvere problemi causati da istruzioni mal comprese. #9 Quando telefonate a qualcuno chiedete sempre se è un buon momento per parlare. Una seconda telefonata è meglio che parlare con qualcuno che è preso da altri pensieri. #10 Se incontrate qualcuno che sembra vi conosca bene e del quale non ricordate il nome, chiedete tranquillamente "scusami, ma non ricordo come ti chiami". La risposta, nel 99% dei casi sarà solo il nome oppure il solo cognome. Nel primo caso direte "il nome lo sapevo, non mi ricordo il cognome!" mentre nel secondo caso "il cognome lo sapevo, non mi ricordo il nome". Rapido ed efficace.
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