La natura, nella sua meravigliosa e incredibile narrazione, ha costruito una infinita serie di forme viventi, vegetali e animali, che in milioni di anni si sono diffuse in ogni angolo del pianeta che noi chiamiamo Terra. Basandosi sulla fantastica e ancora poco conosciuta struttura chiamata DNA, ogni forma vivente è in grado di replicare se stessa affinché la specie possa sopravvivere e continuare il suo cammino terrestre. Escludendo, al momento, l'essere umano, ogni “replica” non è mai perfettamente uguale a chi l'ha generata. Sarà simile, talmente simile che spesso è quasi impossibile scorgere le differenze. Con la sola esclusione di casistiche molto particolari, non possiamo renderci conto delle difformità naturali che esistono tra due rose, due formiche o due leopardi che ci appaiono apparentemente uguali anche se, in realtà, non lo sono. Solo gli appartenenti alla stessa specie riescono a notare differenze “costruttive” tra un essere e l'altro, riescono cioè a riconoscersi. Nel nostro caso, ci saranno elementi con colore della pelle più chiara, con corporatura più fragile, con capigliatura meno folta, con occhi più scuri, con naso più pronunciato e via dicendo. Tutte caratteristiche che noi siamo rapidamente in grado di osservare e valutare con un solo sguardo. Però, diversamente da ogni altra forma vivente, l'umano ha un importante organo non immediatamente analizzabile con certezza: il cervello.
Sappiamo tutti che, da sempre, esistono considerevoli differenze “cerebrali”, differenze che, nella storia, hanno permesso solo ad alcuni di riuscire per primi a dotarsi di un'arma offensiva, di accendere un fuoco, di inventare la ruota, di costruire una capanna... La dotazione iniziale e naturale di neuroni con buone capacità elaborative ha un range casuale che va da zero ad “Einstein” e, questo, dipende solo dalla fortuna. Il caso, oppure la Dea bendata, continua la sua opera anche in seguito quando genera differenze, spesso abissali, nello stabilire il luogo dove svilupparsi, la famiglia di appartenenza e la classe sociale, culturale ed economica in cui crescerà quel cucciolo di umano. Queste casualità hanno un peso specifico molto elevato nella costruzione cerebrale di ognuno di noi e, tutte insieme, fanno sì che si generino umani con livelli molto diversi di cultura, capacità elaborative e doti intellettive.
L'incolpevole assenza di un livello base di competenze rende sicuramente più difficili ulteriori attività di apprendimento anche perché, con il passare del tempo, risulta sempre più complesso e pesante desiderare di “istruirsi”. Come ovvia conseguenza accadrà che le scarse competenze personali, non solo dei giovani, continueranno a deteriorarsi nel tempo, rendendo per loro un miraggio l’accesso a qualsiasi forma di apprendimento. Tutto questo non significa che le “competenze” immagazzinate siano statiche e immutabili, nonostante la disaffezione alla cultura e all'istruzione che caratterizza tutta la popolazione italiana e non solo. Esperti di alfabetizzazione sostengono che «Senza pratica, le capacità legate all'alfabetizzazione possono essere perse anno dopo anno». Come a dire che, in molti casi, analfabeti non si nasce ma si diventa.
Questa è la definizione che ne dà Wikipedia: “incapacità di comprendere adeguatamente testi o materiali informativi pensati per essere compresi dalla persona comune: articoli di giornale, contratti legalmente vincolanti, regolamenti, bollette, corrispondenza bancaria, orari di mezzi pubblici, cartine stradali, dizionari, enciclopedie, foglietti illustrativi di farmaci, istruzioni di apparecchiature; scarsa abilità nell’eseguire semplici calcoli matematici, ad esempio riguardanti la contabilità personale o il tasso di sconto su un bene in vendita; scarse competenze nell’utilizzo degli strumenti informatici (sistemi operativi, uso della rete, software di videoscrittura, fogli di calcolo, ecc.); conoscenza dei fenomeni scientifici, politici, storici, sociali ed economici molto superficiale e legata prevalentemente alle esperienze personali o a quelle delle persone vicine; tendenza a generalizzare a partire da singoli episodi non rappresentativi; largo uso di stereotipi e pregiudizi; scarso senso critico, tendenza a credere ciecamente a tutto ciò che si legge o si sente, incapacità a distinguere le notizie vere da quelle false e a distinguere le fonti attendibili da quelle che non lo sono e, pertanto, l’analfabeta funzionale è spesso sostenitore di teorie complottiste e/o pseudoscientifiche.
Purtroppo, in Italia, la percentuale di analfabeti funzionali è la più alta riscontrabile nell'Unione europea, ed è stata più volte verificata sia nella gioventù che negli over 50. Nel 2008 la stampa riportò un titolo abbastanza sconvolgente: “Il 70% degli italiani è analfabeta funzionale”. L'articolo fece molto scalpore ma, personalmente, lo ritengo addirittura riduttivo, e non di poco, rispetto alla realtà in cui viviamo. In parole povere significa che, tra la gente che abbiamo attorno a noi, al caffè, negli uffici, nella metropolitana, nel bar e nel negozio sotto casa, esistano sette/otto analfabeti funzionali ogni dieci, cioè siamo circondati da “imbecilli” che leggono, guardano, ascoltano ma non capiscono!
L'inesauribile mondo delle “Fake news” è uno dei cibi preferiti di queste persone le quali, tra l'altro, non disdegnano l'approvazione della magia o del “sentito dire” anche nel campo della salute personale. Adesso, senza voler generalizzare, sembrano veramente la celebrazione dell'imbecillità umana. Mentre venti anni fa la diffusione di questa categoria “problematica” poteva solo essere ipotizzata, oggi con quello che si può leggere sui vari social e tutte quelle innumerevoli trasmissioni televisive di “successo” che non possono che essere seguite solo da certe tipologie di persone, il problema è venuto a galla e può essere valutato in tutta la sua estensione e pericolosità. Sì, sono persone pericolose sia per loro stessi che per l'intera società in quanto risultano più soggetti a emarginazione, a rischi per la salute, a varie forme di stress, e spesso e soprattutto a bassi guadagni, rallentando quindi la progressione della società dove vivono e, purtroppo, prolificano.
Per concludere, essendo decisamente convinto che la capacità della classe politica di un paese non possa in alcun modo essere troppo diversa da quanto espresso dalla maggioranza del popolo che rappresenta... la causa della pochezza della dirigenza, non solo in Italia, adesso dovrebbe essere più chiara.
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