I “Social”
Personalmente considero un “Social” come un bar, un immenso bar grande come il mondo dove puoi incontrare e avere contatti con chiunque lo frequenti. Ha molte “stanze” ognuna con nome e caratteristiche proprie come Facebook, Instagram, Telegram, Youtube, Twitter, TikTok eccetera. Il loro funzionamento è esattamente uguale a quello del classico bar di paese con la sola “piccola” differenza legata alle dimensioni e quindi al numero di “clienti”. Ma, a parte trascorrere un po' di tempo con gli amici di sempre, cosa si faceva nel bar di paese? Si giocava a carte, a dadi, a biliardo, a biliardino e con il “Flipper” oltre al fatto che non mancava mai l'angolo dei pettegolezzi. C'erano i tuttologi, gli esperti di calcio che ne sapevano molto di più degli allenatori veri, i politicanti da strapazzo, gli ignoranti fino all'osso, e le malelingue, cioè quelli cattivi dentro che facevano le scarpe a tutti i non presenti. Frequentavano il bar anche i silenziosi che passavano il tempo ad ascoltare gli altri e, ovviamente, non mancavano mai gli scemi del paese. Questi bar avevano una enorme limitazione: erano frequentati solo da uomini. Le donne, con il web, hanno recuperato il tempo perso e hanno finalmente trovato il loro bar. Ecco perché, tra i quasi cinque miliardi di persone che utilizzano gli odierni social, il sesso femminile rappresenta la maggioranza. Indubbiamente tra questi cinque miliardi di umani si trovano rappresentate le stesse tipologie presenti nel bar di paese, cioè si trova di tutto e tutti hanno diritto di parola e di esprimere punti di vista e opinioni. Sta al lettore, quando ne è capace, capire se l'autore di quanto pubblicato è una persona seria, un imbecille, un vigliacco, un esibizionista, un guardone, un invidioso o un semplice ignorante che non sa di esserlo. Mi dispiace solo pensare ai problemi di dipendenza, isolamento sociale e perdita di tempo prezioso. Sono convinto che questi moderni social abbiano poco o niente di quanto si intende con il verbo socializzare. “Panta rei” cioè tutto scorre, tutto cambia.
I Migranti
Con la sola esclusione di situazioni veramente eccezionali, non credo di essere l'unica persona che metterebbe a richio la propria vita né, tantomeno, quella dei figli, per cercare di spostarmi dalla nazione in cui vivo e sono nato, in un altra nella quale so già di non essere ben accetto. Eppure lo fanno, e allora devono essere spinti da motivazioni legate a una quotidiana condizione di vita che noi, probabilmente, non riusciamo neppure ad immaginare. Questa è la premessa. Poi è chiaro che l'arrivo di grandi quantità di migranti che vengono distribuiti sul territorio nazionale sarà un problema crescente, sia a causa della mancaza di posti di lavoro sia, a volte, per una integrazione difficile, specialmente in presenza di una cultura profondamente diversa e di un fondamentalismo religioso radicato. Queste migrazioni, che non sono esclusivamente un problema nazionale, sono figlie della globalizzazione e del mondo di internet. Oggi tutti, più o meno, sanno come si vive nel giardino del vicino, cioè quello “occidentale”, e dopo valutazioni personali decidono di provarci. Non so né se, né come e quando si risolverà. So solo che se in molte nazioni Africane stanno come stanno, e fanno quello che fanno, la colpa è solo dei popoli colonialisti Europei e Americani che, per secoli, hanno depredato, rubato e ucciso milioni di Neri. Le migrazioni sono solo il risultato dei nostri comportamenti. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
L'influencer
Non lo vedo assolutamente come un fenomeno dei nostri tempi. Gli “influencer” sono sempre esistiti. E' il vero e unico mestiere più antico del mondo! Iniziò Eva “influenzando” Adamo a mangiare la mela. Tutti gli Imperatori Romani “influenzavano” il popolo a supportarli e a scatenare le guerre. Nel medioevo, poi, quanti “influencer” religiosi ci sono stati? Orientare le scelte altrui sono poi diventate la specialità dei giornali, di alcune trasmissioni radiofoniche e, il penultimo mezzo utile, della tv. Chiaramente la quantità degli “influenzabili” dipende dai mezzi usati. Nell'agorà greca si potevano influenzare i presenti alle oratorie, con i giornali la platea si allargò agli acquirenti, lo stesso discorso vale per chi ascolta la radio e per chi guarda la televisione. Poi il web ha spalancato le porte sul mondo intero e la quantità degli “influenzabili” è cresciuta a dismisura. Cosa significa essere influenzabile? Il dizionario della lingua Italiana recita: “incline a subire un condizionamento da parte di altri o l'influsso di particolari circostanze; manovrabile, suggestionabile.” Oddio, non è proprio una bella descrizione anche ammettendo che non tutti siano così “deboli”. La pubblicità è l'anima del commercio e l'influencer, attualmente, è il mezzo più usato. Tanto di cappello ha chi ha quantità esagerate di “followers”, cioè di influenzabili.
L'omosessualità
C'è sempre stata e sempre ci sarà. Personalmente non ho niente in contrario su orientamenti sessuali personali e di coppia in quanto ognuno è libero di comportarsi come gli pare e piace sempreché, ovviamente, il parter condivida pienamente “quella” ricerca del piacere. Sono molto infastidito, e non credo di essere il solo, dall'esibizione e dall'ostentazione pubblica della propria sessualità anche quando si tratta di coppie eterosessuali. Comunque, l'omosessualità, quando non derivante da obblighi o deviazioni patologiche, non credo sia frutto di una scelta. Si nasce così, punto e basta, anche perché la natura non è perfetta. Mi spiego meglio. L'unico scopo della natura, nel campo vegetale o animale, è la continuazione della specie, cioè quella forza, quella legge naturale che spinge tutti gli esseri viventi verso il mantenimento della specie attraverso la riproduzione. Certo, per scelte personali e non giudicabili da nessuno, ci si può rifiutare di applicare questa regola scritta nel DNA. Quando però, facendo riferimento alla sigla GBTQIA+ e cioè Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali, Asessuali, non si tratta di una scelta ma di una specifica caratteristica “costruttiva” che differenzia, nel solo campo sessuale, una piccola percentuale di persone (tra il 3% e il 7%) dalle altre, dovremmo solo riconoscere il fatto che la natura agisce così quindi, che ci piaccia o meno, “vivi e lascia vivere”.
Il razzismo
Ricordo ancora molto bene le vacanze d'agosto che, con i miei genitori e negli anni 60', trascorrevo a Barga. La località, per i ragazzi come noi, era perfetta in quanto, in quel mese, molte famiglie americane venivano a ritrovare i parenti e, queste famiglie, si portavano dietro un sacco di belle “americanine” che erano il nostro unico obiettivo. Ebbene, ero l'unico maschietto che aveva come amico principale, quello con il quale “andare a caccia”, un ragazzo italianissimo, ma con la pelle non certamente bianca. Non era molto “nero” ma di un colore che in molti non gradivano. A me, il colore della pelle, non è mai interessato nulla anche se, al limite (molto al limite), capisco il “rifiuto” di molti causa l'anzianità o la chiusura del loro cervello. Con la globalizzazione, anche se ci vorranno ancora parecchi anni, il concetto di razzismo è destinato a scomparire sia perché stupido, sia per una ragione basata su una legge della fisica: il principio dei vasi comunicanti! Risale al 1568 il concetto che “un liquido contenuto in due o più contenitori comunicanti tra loro raggiunge lo stesso livello originando un'unica superficie equipotenziale”. Adesso sostituiamo il termine “liquido” con “umani” e “contenitori” con “nazioni” e tutto diventa più chiaro. I primi “sapiens”, casomai non lo sapeste, non erano bianchi!
Le auto elettriche
Escludendo le tecnologie militari relative agli armamenti e all'esplorazione dello spazio, probabilmente (ma anche no), tra qualche decina di anni, tutta la movimentazione terrestre aerea e marittima dovrà utilizzare motori elettrici per il semplice fatto che, prima o poi, in tutto il mondo (e questo è il passaggio più lungo e difficile), dovremo abbandonare l'estrazione dei combustibili fossili. Ammesso che non vengano trovate altre soluzioni alle motorizzazioni elettriche, dipenderà da come produrremo tutta l'elettricità necessaria la quale, ovviamente, non potrà che essere generata da fonti rinnovabili perché, in caso contrario, sarà come un cane che si morde la coda. Attualmente la sola Europa ha deciso di obbligare gli utenti automobilistici a questa transizione che dovrebbe avvenire entro il 2035. Penso che quando una innovazione è vantaggiosa non sia necessario alcun obbligo, l'utente finale sa perfettamente cosa scegliere per se stesso. Purtroppo in Italia esistono difficoltà oggettive al momento non superabili oltre al fatto che l'ansia da ricarica la vedo come uno dei maggiori componenti dell'umano stress. Volutamente non affronto gli enormi problemi dei costi, della ricarica, dell'autonomia, della durata delle batterie, della loro sostituzione e dell'estrazione dei materiali che le compongono né, in ultimo, il loro smaltimento. Non voglio dilungarmi troppo quindi, in sintesi, non spero né credo proprio che dal 2035 si venderanno solo macchine con motori a pila.
I femminicidi
Fino dagli albori dell'umanità, escludendo il solo Adamo, i “femminicidi” ci sono sempre stati. Fanno parte della più vasta e generica categoria degli “omicidi” e vengono compiuti da umani cerebralmente difettosi, molto difettosi anche perché, sfortunatamente, la natura non è esente da errori di “costruzione” sia nel campo vegetale che in quello animale. Per un uomo (se così si può chiamare un essere che toglie la vita ad un altro essere), uccidere una donna è anche un comportamento vigliacco, molto vigliacco. Non ci può certo far gioire il fatto che la nostra Nazione, con poco più di 100 donne uccise nei primi 11 mesi del 2024, non sia neppure nella classifica dei primi 10 paesi Europei con quantità elevate di uomini difettosi. Se poi pensiamo che, nel mondo, nel solo 2022 gli uomini hanno assassinato 89.000 donne, allora il fenomeno non è certo un problema solo nazionale. Come si può risolverlo? Non penso che esista una soluzione globale, efficace ed applicabile rapidamente. L'unica speranza non utopistica è che si possa assistere ad un trend che evidenzi una diminuizione di questi casi. L'azzeramento, rendiamocene conto, è asolutamente impossibile.
La propaganda nelle guerre
Fare propaganda per portare le persone dalla propria parte è una cosa logica, naturale e umana. L'unico aspetto negativo è che, troppo spesso, porta molti cervelli a schierarsi senza se e senza ma, cioè senza ragionare con la propria testa. Vorrei fare un esempio per comprendere meglio il mio pensiero. Immaginiamo che ai lati di un fiume vivano due popolazioni diverse che, pur non amandosi per motivi culturali, storici o chissà quali, riescono a non impugnare le armi e vivere in pace. Un giorno, alcuni abitanti della riva destra hanno uno scontro con quelli della riva sinistra e nella tenzone ci scappano dei morti. E' ovvio che quelli della riva destra, esattamente come faranno quelli della riva sinistra, tornati in “patria” racconteranno una loro visione dell'evento e le due versioni differiranno in maniera sostanziale. Ognuna delle due parti sarà convinta di avere ragione e, per tale motivo, divulgherà “urbi et orbi” la propria versione. Ovviamente, i popoli distanti da quel fiume, in funzione della loro “amicizia” storica, militare e/o economica con una delle due parti, venendo a conoscenza di un solo punto di vista che, tra l'altro, gli verrà ripetuto in modo ossessivo tutti i giorni, non potrà che credere fermamente a quanto gli viene raccontato. Concludendo l'esempio, per qualunque guerra (ma non solo) esisteranno sempre tre versioni: la nostra, la loro, e ciò che è davvero successo. Purtroppo, la verità, cioè ciò che è davvero successo, i due popoli non la sapranno mai, con l'eslusione di coloro i quali, spesso per interesse, appoggeranno la versione più comoda e condivisa da quella parte del fiume in cui vivono. Comunque la si pensi, ragioniamo un attimo sul fatto che, invece che essere nati da un lato fossimo nati dall'altro, penseremmo esattamente al contrario. Vero?
Gli “opinionisti”
Ma che bella invenzione! Nei vari talk show è diventata quasi una consuetudine dare la parola ai cosidetti “opinionisti” che pontificano su argomenti all'ordine del giorno. Ma cosa significa essere un “opinionista”? La risposta è semplice: considerato il fatto che il termine “opinione” esprime la convinzione che una persona ha nei confronti di uno specifico fatto, generalmente in assenza di elementi di certezza assoluta, allora siamo tutti opinionisti! Ovviamente l'opinione di un astrofisico sulla galassia di Andromeda come pure quella di un primario di oncologia sul tumore del pancreas hanno un valore ben diverso da quelle emesse da una ballerina su un omicidio le quali, sono in tutto e per tutto valide come quelle emesse dal “Breghi di Pescia” sulla fusione dell'atomo! Il bello, o forse sarebbe meglio dire il brutto, è che queste “opinioni” vengono diffuse dalla tv e raggiungono, anche e sopratutto, orecchi e cervelli che non hanno neanche la cultura necessaria a capire e usare il congiuntivo!
La TV, le radio e i giornali
La libertà di informazione non è certo un nostro fiore all'occhiello. Quotidianamente, interessi politici e economici impongono una diffusione informativa lontana dall'oggettività che ci si dovrebbe aspettare da chi ci racconta cosa succede lontano dai nostri occhi e dalle nostre orecchie. L'informazione distorta, cioè non corrispondente a quanto realmente accaduto, passata come verità assoluta, convince milioni di persone a prendere posizioni sbagliate senza rendersi minimamente conto di essere state manipolate. Siamo un Paese in cui conta più la visibilità mediatica di chi parla che le sue competenze e non importa se non si è in grado di dimostrare quanto si afferma. A troppe persone tutto questo non interessa e sono disposte a credere anche contro ogni evidenza, specialmente quella storica. Essere scettici sul “pensiero dominante”, pensare “fuori dal coro”, non rispettare il “politicamente corretto”, disquisire sugli “intoccabili” cioè, in sintesi, avere opinioni e convinzioni diverse dalla società credulona si rischia l'emarginazione. Sicuramente la bugia dà conforto mentre, al contrario, la verità inquieta. Comunque, fino a prova contraria, il reato d’opinione non esiste in Italia ed io continuerò, in tutti i campi, ad avere le mie.
L'intelligenza artificiale
Ho provato, per alcuni mesi, ad utilizzare ChaGPT 3.5 cioè la versione gratuita. Sono rimasto letteralmente impressionato dalla rapidità, capacità e completezza delle risposte che mi ha dato a fronte di una lunga serie di domande. Da una semplice risoluzione di un problema di logica, alla scrittura di un programma Javascript, dalla richiesta di produrre una poesia su un semplice bicchiere d'acqua, alla ricerca di un errore che avevo fatto in un file HTML e che non riuscivo a trovare, fino ad un colloquio sul più e sul meno che, sinceramente, molti umani non avrebbero potuto sostenere. Se, come molti affermano, la versione gratuita è veramente poca cosa al confronto con le versioni “premium”, allora siamo agli inizi di una rivoluzione epocale che nessuno sa dove ci porterà. So che è già in grado di produrre foto che vincono concorsi a livello mondiale, so che è in grado di elaborare video di chiunque e fargli dire, con la sua voce reale e con un labiale perfettamente sincronizzato, quello che vuole... e la mia ricerca l'ho volutamente fermata qui. Mi auguro che la differenza tra i milioni di posti di lavoro che sicurmente toglierà e quella dei nuovi posti di lavoro che farà nascere non sia troppo alta anche perché, le ultime indagini, affermano che, solo in Europa, sono a rischio almeno il 50% dei lavoratori in settori diversi. Nei prossimi 10 anni si capirà meglio dove, come e quanto cambierà il nostro modo di vivere e, come al solito, tutto dipenderà da chi e da come verrà utilizzata. Daltronde, per una intelligenza, anche se artificiale, sarà facile facile vincere contro una “stupidità” dilagante.
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