Agli inizi degli anni 70 una moda improvvisa scoppiò tra i giovani e meno giovani: le slot car. Piccole automobili elettriche che venivano fatte sfrecciare su piste che, nel giro di poco tempo, divennero sempre più professionali. Sullo stesso mio pianerottolo abitava la famiglia Torre ed il loro figlio, Ferruccio, era un grandissimo appassionato di meccanica, motori e comunque qualsiasi cosa potesse essere lanciata a folle velocità. Ricordo che, da bambino, passava giornate in cantina a smontare completamente un motorino per poi rimontarlo, secondo lui, “molto meglio”. Aveva la passione delle corse, il padre gli comprò un Kart per farlo sfogare e, quella cantina divenne un’officina attrezzata come un box della Ferrari. Ancora oggi, divenuto ovviamente uno dei migliori meccanici della città, corre con qualsiasi cosa trovi. Insieme comprammo tre o quattro di quei piccoli bolidi ed insieme passavamo sere intere a smontare e rimontare, truccare e provare le nostre “automobiline”.
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Per mesi e mesi abbiamo frequentato le migliori piste Toscane che si trovavano a Viareggio (adiacente al bagno Nettuno, vedi foto) e vicino Firenze. Non ricordo dove sono andate a finire le mie due ma ho trovato una foto molto esplicativa. In queste corse, esistevano due sole categorie: serie e libera. Nella prima non si poteva toccare niente e la “macchinina” doveva restare esattamente uguale a quella fornita nella confezione. Io avevo una Ferrari P4 rossa. Nella categoria “libera” potevi far andare qualsiasi cosa avesse un motore elettrico da 12 Volt. Se ne vedevano di tutti i colori. Avevo una Porche gialla con gomme slic e un motore elaborato da un amico elettricista di Ferruccio. Un missile!
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