Anche la scuola media finì e adesso dovevo scegliere quale indirizzo prendere per il mio futuro. Ero immaturo e, pur se consigliato per scritto dal Preside ad orientarmi verso una scuola tecnica, convinsi i miei ad iscrivermi al Liceo Scientifico “Vallisneri”. La motivazione interna che mi spingeva verso quel tipo di scuola risiedeva, nel vero senso della parola, in Via dei Borghi a non più di cento metri da casa mia. Il suo nome era Ilaria. Bionda, ricca, distinta, fine e con un corpicino da favola. Ero cotto. Aveva tutte le caratteristiche che piacevano a me. Angelino, anche se non immaginava che era la vera motivazione della mia scelta, sapeva che gli stavo dietro e mi ricordo che disse: “Attento, le bionde spesso sono stronze!”. Avrei dovuto ascoltare chi ne sapeva certamente più di me. La scuola iniziò ed ebbi anche la fortuna di essere messo nella stessa classe sua ma furono sufficienti solo due o tre mesi perché mi accorgessi di tutti e due gli errori commessi. A lei, come a tante altre, piacevano quelli più grandi, e quindi ero tagliato fuori da ogni possibilità. Come provavo a stabilire un contatto si infastidiva. Gli davo semplicemente noia. Niente da fare anche per il tipo di scuola. Il greco ed il latino si scontravano quotidianamente con una struttura cerebrale non attrezzata da madre natura per quel genere di cultura. Come se non bastasse ero sulle palle anche a un paio di professori che non perdevano occasione per umiliarmi davanti a tutti. Arrivai a stento alla fine del secondo trimestre e, all’inizio del terzo, decisi che la cosa doveva finire lì. L’occasione venne quando, per l’ennesima volta, dopo avermi preso per il culo, il Professore di latino mi buttò fuori. Il Liceo “Vallisneri” era contiguo alla scuola media Carducci ed io mi trovai su quel lungo terrazzo che, entrando nel chiosco, si vede a sinistra. Le decisioni vanno prese e messe in pratica immediatamente per evitare che, poi, sia troppi tardi. L’unico ostacolo tra me e la libertà era quel gabbiotto dove stava sempre un bidello a leggere il giornale. Arrivai lentamente fino all’inizio della vetrata e poi, strisciando per terra, riuscii a passare. Girato l’angolo scesi di corsa le scale e me ne andai. Questa seconda fuga ebbe un epilogo ben diverso dalla prima. In pochi minuti mio padre mi diede una scarica di botte paragonabile alla media di quelle che prendevo in un mese. Ovviamente fui “respinto” e, quando l’anno seguente andai a giocarmi le mie ultime chance all’istituto tecnico per geometri “Francesco Carrara” ero assolutamente convinto di due cose. La prima, che questa volta ce l’avrei fatta e la seconda, che le bionde sono tutte stronze.
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