Camminavo per la strada e lui si avvicinò chiedendomi se ero il cugino di Franca Viti. La nostra lunga amicizia, che vive ancora oggi, iniziò così. Si era invaghito di quella ragazza e non sapeva come fare per conoscerla. Come potevo non aiutarlo e come avrei potuto sapere che aiutandolo avrei contribuito moltissimo a determinare i successivi eventi della sua e della mia vita? Fu facile presentarli. Da quel momento, visto anche che ci eravamo reciprocamente simpatici, fummo praticamente indivisibili. Ad eccezione di quello che dedicava a Franca, condividevamo tutto il tempo libero. Studiavo ancora e lui, che aveva lasciato gli studi prima di me, lavorava già alle poste. Era sempre pieno di soldi e, con la sua magnanimità, contribuiva ad eliminare l’unico difetto che credevo di avere. Non esisteva più la cronica carenza di denaro. I soldi c’erano anche se pagava sempre lui. Avere una ragazza non significava passare tutto il tempo con lei. Questo non succedeva a causa nostra ma dipendeva esclusivamente dal fatto che una ragazza per bene usciva poche volte e, quasi sempre, in compagnia. Il tempo libero era quindi parecchio, andava passato in un modo o in un altro e, non essendo stabilito per legge l’orario di uscita delle ragazze, quando alcune erano in casa altre erano in giro. Marco era un tipo alto come me, fisico atletico, biondo e con gli occhi azzurri, sempre perfettamente pettinato, vestito a regola d’arte e con il modo di fare del classico “trombino” dell’epoca. Gli mancava solo un po’ di faccia tosta per attaccare discorso ma, a quello, pensavo io. Oggettivamente eravamo una gran bella coppia, due bei tipi. Andavamo a ballare nei migliori locali della provincia e il sabato o la domenica avevamo spesso a nostra disposizione una grossa Fiat 1500 blu che veniva regolarmente noleggiata. Pagava tutto e sempre lui. Io ricambiavo procurando la merce.
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