Durante l’estate, nelle ore precedenti la cena, aspettavo sempre il ritorno dal lavoro di mia madre seduto sugli scalini antistanti la porta di Piazza San Francesco numero quattro. A pochi metri, all’angolo con via del Fosso, c’era un negozio, mi sembra fosse un forno, dove, tra l’altro, veniva preparata e venduta la cecina. Non so quanto costava né la cosa poteva interessarmi molto, anche perché sarebbero passati molti anni prima di poter disporre di qualche liretta tutta mia. Di certo sapevo che mi piaceva moltissimo e quindi dovevo trovare un modo per mangiarla senza comprarla. La moglie del proprietario, una signora grassa e bionda, sbraitava continuamente con il povero marito perché, diceva, che non ce la faceva a fare tutto quanto lei. Era un continuo lamentarsi e, a quel tempo, con il silenzio causato dall’assenza di automobili, stando a pochi metri di distanza riuscivo a sentire tutto. L’idea mi venne quando disse che, quella sera, non ce l’avrebbe fatta a portare “qualcosa” a casa di “qualcuno”. Siccome questo “qualcuno” stava in fondo alla Piazza e mancava ancora un po’ all’ora di cena, presi la palla al balzo.
“Signora, se vuole ci vado io”
Gli brillarono gli occhi ed io capii che ce l’avevo fatta. Portai il sacchetto dove dovevo portarlo e, a tutta velocità, tornai dalla Signora. Avevo già una discreta faccia tosta e mi posizionai proprio davanti alla cecina appena sfornata. Capì subito. Da quel giorno ogni volta che, come antipasto, volevo mangiare un po’ di cecina, era sufficiente prima di mettermi a sedere sugli scalini, entrare nel negozio e dire alla Signora che ero lì a due passi, se ce ne fosse stato bisogno….
|