Ero un incompreso. Pensavo questa frase fino dai primi temi d’italiano che feci. Alle superiori il rapporto con la professoressa d’italiano divenne molto conflittuale ma negli anni delle medie e delle elementari il problema esisteva già. Immancabilmente si presentava ogni qualvolta leggevo il giudizio dell’insegnante. Nei temi mi accusavano di avere troppa fantasia perché riportavo, troppo spesso, concetti che si scostavano oltremisura dalla “normalità” anche se lo svolgimento non poteva certamente essere ritenuto fuori tema. Credo di aver avuto insegnanti con poca immaginazione e, se la fantasia di chi scrive non è presente anche in chi legge, i contenuti non possono essere “letti” come chi ha scritto vorrebbe. Leggere non significa far scorrere gli occhi da sinistra verso destra e dall’alto in basso. Leggere significa immaginare, vedere con gli occhi invisibili della mente, entrare in un mondo altrui con tutto te stesso, costruire nella tua testa i colori descritti e sentire nel naso gli odori del panorama che non puoi non avere chiaro davanti e intorno a te. La mia rivincita fu terrificante. Non ricordo bene se ero negli ultimi anni delle elementari o nei primi delle medie fatto sta che partecipai ad un concorso nazionale bandito direttamente dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’argomento del tema era qualcosa che aveva a che fare con l’infanzia e le malattie. Risultai l’unico vincitore nella mia provincia ma, la cosa che mi diede certamente maggiore orgoglio e soddisfazione fu il momento in cui, la stessa scuola e le stesse persone che non condividevano i miei testi, dovettero comunicarmelo. Dentro di me godevo come un riccio. “Sarete anche bravi insegnanti ma non siete mai riusciti a capirmi. Penso che se a livello nazionale mi hanno premiato significa che, al Ministero, hanno trovato nel mio testo qualcosa che Voi non avete mai cercato e quindi ne deduco che siete degli imbecilli”. Più o meno avrei voluto dire così ma lasciai perdere. Soffrivano già in silenzio. La seguente gita a Roma, per me, non ebbe alcuna valenza.
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