
Questa è la storia, in sintesi, di quella volta che Lucca ci provò davvero. Poco dopo l'anno 1220 in città esistevano circa 200 chiese le quali, insieme a monasteri e conventi, facevano si che non esistesse via o piazza dove non fosse presente almeno un edificio ecclesiastico e quindi il numero degli appartenenti al clero era elevatissimo. Il Podestà di Lucca, Parenzo Parenzi, membro di un gruppo politico contrario all'allora papa Onofrio III, ritenendo la cosa buona e giusta, decise unilateralmente di tassare il clero e, quando la notizia giunse a Roma, il Papa, non volendo perdere l'immunità fiscale di cui la Chiesa aveva goduto da sempre, si incaz... si arrabbiò tantissimo rifiutandosi di pagare e lanciando una scomunica al Podestà lucchese e una censura ecclesiastica alla città, cioè due provvedimenti che, all'epoca, erano forti strumenti di potere. Il nostro Governo, noncurante di tutto ciò, andò dritto per la sua strada e si prese quanto riteneva gli fosse dovuto forzando le porte di alcune chiese e del Vescovato. Oltre questo “piccolo” punto di disaccordo, avvennero importanti scaramucce in Garfagnana dove la Chiesa aveva molti possedimenti, frutto dei lasciti di Matilde di Canossa, che il nostro Governo, ritenendo di essere nel giusto come per le tasse, cercò di riprendersi con la forza. Inevitabile fu quindi la pesante scomunica a tutta la città lanciata dal nuovo Papa Gregorio IX. La Chiesa arrivò a sciogliere la Diocesi, ci venne tolto il Vescovo e, addirittura, furono chiuse al culto tutte le chiese! Il panico si diffuse rapidamente per la città e molti lucchesi, terrorizzati e temendo una punizione “divina”, entrarono in convento cercando il perdono e altri fuggirono nelle città vicine. Questa situazione durò alcuni anni e solo dopo intense trattative e rinunce, nel 1236, Lucca tornò ad avere un proprio Vescovo, le chiese furono riaperte e, ovviamente, la Chiesa beneficiò nuovamente dell'immunità fiscale. In parole povere: ”ubi maior minor cessat”.
|