
Nell'antichità uno degli eventi molto amati dal popolo erano le corse dei cavalli. Oltre ad utilizzare percorsi cittadini dei quali parlerò in seguito, i lucchesi arrivarono a costruire un vero e proprio ippodromo interno alle mura cinquecentesche (vedi immagine). L'area dell'attuale Piazzale Verdi non è mai stata destinata a fini residenziali ma, mantenendo per molti secoli il nome di “prato del Marchese” (da una vicina dimora del marchese di Tuscia), divenne luogo adibito a esercitazioni equestri e alle corse. L'ippodromo, costruito per accogliere Ferdinando, Re delle Due Sicilie, in visita alla nostra città, era dotato di giardini e fontane, logge affrescate e palchetti. Non so il motivo per il quale fu abbattuta questa costruzione però, successivamente, il grande architetto lucchese Nottolini realizzò un nuovo ippodromo totalmente in legno “montabile” secondo le occasioni. Nei secoli precedenti, tra il medioevo ed il rinascimento, dopo la costruzione della cinta medievale, si ha notizia di competizioni equestri che avevano come traguardo quell'antica colonna di granito orientale con capitello corinzio, probabilmente prelevata dall'Anfiteatro Romano, ed oggi chiamata “colonna mozza” ancora presente in Piazza Santa Maria “Forisportam”. Oltre a correre intorno ai ruderi delle mura romane, si ha notizia di una corsa che partiva da Pontetetto e che, a volte, si concludeva in piazza San Michele. Però, la gara più famosa e appassionante era chiamata la corsa dei “berberi”, cavalli non ferrati, i quali venivano sciolti, senza fantino, in zona S. Donato. Gli stallieri cercavano fino all'ultimo di trattenere i cavalli eccitati e quando la corda davanti loro cadeva, partivano con la velocità del fulmine. Atterriti anche dalle urla degli spettatori e dagli schiamazzi, con una corsa sfrenata percorrevano a tutta velocità via S. Paolino, Piazza S. Michele, e via S. Croce, per arrivare alla colonna mozza. La corsa, effettuata anche in altre città, era così nota che molti personaggi illustri, come Lorenzo il Magnifico, mandavano i loro cavalli nella speranza che vincessero, più per il loro prestigio, che non per il premio...
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